02/03/2012, 00.00
CINA
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I nuovi limiti di Pechino alle Ong religiose “complicano una vita già difficile”

di Chen Weijun
Colpite soprattutto le Ong islamiche e tibetane. Fonte di AsiaNews: “Il governo agita una spada nel buio, ma così rischia di tagliare la testa anche di chi non ha cattive intenzioni. La Cina ha paura di attività politiche nascoste da una cortina di aiuto sociale, ma questo non è un buon motivo per colpirci tutti”.

Pechino (AsiaNews) - I nuovi regolamenti sulle donazioni alle Ong religiose che operano in Cina "ci stanno complicando la vita, che è già molto difficile. Le decisioni del governo cinese sono comprensibili, dal loro punto di vista, ma sono anche miopi: se tagliano le gambe alle Ong rischiano di scoraggiarle e mandarle via. E a quel punto sarà difficile per loro gestire la situazione sociale che ne deriverebbe". A parlare è una fonte di AsiaNews che opera nell'ambito dell'assistenza ai disabili.

Secondo una nuova politica del governo centrale "le operazioni caritative collegate alle istituzioni religiose devono rifarsi ai principi di auto-finanziamento, per essere libere dall'influenza di forze esterne". Inoltre ai gruppi religiosi "è proibito diffondere il proprio credo e minare gli interessi nazionali" attraverso le attività caritatevoli. Il documento è firmato da 6 Dipartimenti governativi: fra questi vi sono l'Amministrazione statale per gli affari religiosi e la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme.

Le Ong religiose, inoltre, "non devono accettare sussidi, donazioni o aiuti che vengono dall'esterno del Paese, se questi sono collegati a condizioni politiche o religiose. I gruppi devono sottostare al controllo, alla gestione e all'amministrazione dei Dipartimenti governativi che sono preposti a questo lavoro. Dovranno infine presentare il loro piano di lavoro annuale ai dipartimenti locali per gli Affari religiosi".

Lo scopo, spiega la fonte di AsiaNews, "è quello di fermare il flusso di soldi agli islamici e ai tibetani: questi gruppi sono religiosi, ma hanno anche una forte connotazione politica che il governo vuole a tutti i costi frenare". Ma con questa scelta, conclude la fonte, "si accresce un controllo che è già molto ampio su chi opera in questi ambiti. Pechino, per eliminare ogni possibile problema, agita una spada nel buio: ma in questo modo si rischia di tagliare anche la testa di chi non vuole creare confusione ma vuole continuare la sua missione a favore dei meno agiati".

Questa decisione, conclude, "rischia di scombinare una situazione sociale già in bilico. Il governo non ha tanto lo scopo di limitare le religioni, ma ha molta paura di alcune confessioni che hanno anche carattere politico. Hanno visto cosa è successo in Medio Oriente con la Primavera araba e ne sono rimasti molto spaventati: vogliono a tutti i costi evitare che questo avvenga anche in Cina".

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