04/03/2008, 00.00
INDIA
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I sopravvissuti dell’Orissa, “rifugiati politici” all’Onu

di Nirmala Carvalho
E’ la proposta del presidente del Global Council of Indian Christians, che attacca il governo “colpevole di non aver fatto nulla per aiutare le vittime”. L’arcivescovo di Hyderabad denuncia: la violenza anti-cristiana diviene ogni giorno più preoccupante.
Hyderabad (AsiaNews) – Il governo indiano “non ha fatto nulla per difendere i cristiani dell’Orissa dall’attacco di fondamentalisti invasati avvenuto lo scorso Natale” ed ora “si ostina a non riconoscere le loro sofferenze: per questo, chiederemo alle Nazioni Unite di dare ai sopravvissuti lo status di rifugiati politici”. Lo ha annunciato il presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic, gruppo che si batte per i diritti della minoranza cristiana), Sajan K. George, durante la plenaria del gruppo, che si è svolta nei giorni scorsi ad Hyderabad, capitale dello Stato meridionale dell’Andhra Pradesh. Alla riunione erano presenti i cristiani di Kandhamal, vittime delle violenze natalizie.
 
Parlando all’assemblea, il presidente ha detto: “Questo è un tentativo per riconoscere ed onorare le sofferenze di coloro che, in aree remote del Paese, soffrono per la loro fede affrontando giorno per giorno persecuzione e discriminazione. E’ anche una sfida ai cristiani del resto dell’India, che possono capire cosa significa vivere la fede”.
 
Ad AsiaNews, George aggiunge: “Questo attacco dimostra che i cittadini indiani non sono tutti uguali e non sono tutti protetti dalla Costituzione, che garantisce la libertà religiosa. La cosa peggiore è che, oltre all’attacco, le vittime sperimentano discriminazioni e razzismo quotidiano: non possono lavorare perché nessuno li assume, ed il governo non fa nulla per loro”.
 
Alla riunione era presente anche l’arcivescovo della capitale, mons. Marampudi Joji, che dice: “Vedere i 53 sopravvissuti alla carneficina dell’Orissa colpisce in profondità. La situazione delle violenze anti-cristiane diviene ogni giorno più preoccupante: come vescovi e pastori dobbiamo proteggere il nostro gregge, ma questo compito è sempre più difficile”.
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