12/03/2012, 00.00
GIAPPONE
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Il Giappone ricorda le 19mila vittime dello tsunami

Ieri, tutto il Paese si è fermato per un minuto di silenzio. Inaugurato a Tokyo un memoriale dedicato alle persone morte nella tragedia. In 16mila protestano a Fukushima contro il nucleare e i mancati risarcimenti alle famiglie.

Tokyo (AsiaNews/ Agenzie) - Tutto il Giappone si è fermato ieri alle 14,46 per un minuto di silenzio in ricordo delle 19mila vittime del sisma e dello tsunami  che l'11 marzo 2011 ha spazzato via le città e i villaggi nelle prefetture di Sendai, Miyagi e Fukushima (nord del Paese).

Nella capitale le autorità hanno inaugurato il memoriale delle vittime. Fiaccolate e momenti di preghiera si sono tenute nelle principali città del Paese. In un discorso tenutosi nel teatro nazionale di Tokyo, l'imperatore Akihito ha ricordato che a un anno dalla tragedia la popolazione vive ancora in condizioni difficili, soprattutto a causa del disastro nucleare della centrale di Fukushima. "Tutti i giapponesi - ha affermato- devono unire i loro cuori con le persone colpite dal disastro e continuare ad aiutarli a migliorare la loro vita ".

A tutt'oggi, nelle prefetture colpite dall'onda anomala oltre 340mila persone vivono ancora in container e case prefabbricate. A queste si aggiungono 160mila abitanti residenti nell'anello di sicurezza di 20 km intorno alla centrale nucleare. Ospitati in centri di raccolta e abitazioni di parenti e amici, essi attendono da un anno i risarcimenti della  Tokyo Electric Power Company  (Tepco), la società gestore dell'impianto. Secondo gli esperti ci vorranno circa 40 anni per bonificare l'area e gli abitanti temono per il loro futuro.  A causa delle radiazioni centinaia di famiglie sono state costrette ad abbandonare casa e lavoro e a un anno dalla tragedia stentano a sopravvivere con il solo sussidio statale. Ieri 16mila persone si sono radunate nello stadio di Koriyama, a circa 60 km da Fukushima per chiedere l'abbandono dell'energia nucleare e adeguati risarcimenti alle vittime.  Alla manifestazione ha partecipato anche un gruppo di monaci buddisti che ha accompagnato la protesta con canti tradizionali e uno striscione con scritto: "Non dimenticheremo mai il sisma dell'11 marzo. Non perdoneremo mai il disastro nucleare".

Secondo gli esperti la crisi economica che sta interessando il Paese influirà sui tempi di ricostruzione delle aree terremotate e fanno notare che molti giovani hanno lasciato le famiglie per cercare lavoro a Tokyo e Osaka. Nelle città di Sendai e Miyagi si sta già ricostruendo, in molte province come ad esempio quelle di Tohoku, Ishinomaki, Ofunato e Minamisanriku esercito e volontari hanno portato via in pochi migliaia di tonnellate di detriti. Dopo la bonifica il problema è la ricostruzione di oltre 125mila abitazioni distrutte. In queste settimane il governo sta discutendo il futuro piano di riedificazione di città e villaggi cancellati dalo tsunami. I nuovi centri verranno costruiti oltre il limite massimo dell'onda anomala, ma la mancanza di fondi e le difficoltà logistiche rallentano l'inizio dei lavori.  Molta gente ha paura di non avere più un futuro nel proprio luogo di nascita e che passerà il resto dei suoi giorni dentro a un prefabbricato. Timothy To Wing Chin, direttore del Post Crisis Counselling Network di Honk Kong, che da un anno segue il recupero post traumatico dei sopravvissuti, sottolinea che il senso di solitudine e la paura di non avere più una vita normale ha spinto al suicidio oltre 3400 persone negli ultimi mesi.

Nonostante le difficoltà, diverse comunità stanno però ricominciando a riprendere una vita normale, grazie all'aiuto di migliaia di volontari e donazioni provenienti dal Giappone e dal resto del mondo. Nel villaggio di Utatsu (Motoyoshi District, Miyagi), cancellato dall'onda anomala, cinque famiglie hanno aperto una catena di piccoli negozi all'aperto in quello che era un parcheggio per auto. In altri villaggi della provincia alcuni hanno riparato le auto risparmiate dallo tsunami, creando piccole rimesse di veicoli usati. A Tohoku è invece sorta l'associazione "non è solo fango" che dal maggio 2011 si occupa di liberare dal fango e riparare le abitazioni della città ancora in buono stato. Jamie El-Banna, insegnante britannico fondatore dell'associazione spiega che a tutt'oggi i suoi volontari hanno lavorato più di 20mila ore e riparato decine di proprietà, fra cui una clinica per anziani.

 

 

 

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