14/04/2010, 00.00
KIRGHIZISTAN
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Il Kirghizistan è “sull’orlo della guerra civile” e a infiltrazioni islamiste

Lo dice il presidente russo Medvedev, che chiede a Bakiyev di dimettersi. Il Paese è diviso in due. Molti temono che, in caso di conflitto interno, sarebbe aperto a infiltrazioni dell'estremismo musulmano.

Bishkek (AsiaNews/Agenzie) – Il Kirghizistan è “sull’orlo della guerra civile” e può diventare “un secondo Afghanistan”. Il presidente russo Dmitry Medvedev in visita negli Usa lancia il suo allarme a un convegno di esperti a Washington. Fonti locali indicano che Mosca sta offendo aiuto al governo provvisorio guidato da Roza Otunbayeva. Il timore di molti è che il povero Paese dell’Asia Centrale sia vulnerabile all’estremismo islamico.

Medvedev ha per la prima volta suggerito che il presidente kirghiso Kurmanebk Bakiyev dovrebbe “prendere decisioni responsabili” e dimettersi.

Da parte sua Bakiyev, rifugiatosi nel meridione del Paese a lui fedele, da Jalalabad si è detto disponibile all’esilio se gli verranno date garanzie di poter lasciare il Paese con la sua famiglia. Offerta che molti vedono come un tentativo di aprire un dialogo col governo provvisorio, che la scorsa settimana si è installato a Bishkek e che controllo il nord del Paese. L’Otunbayeva – verso la quale aumentano di continuo le attestazioni di sostegno da parte di leader locali - ha già risposto che la loro offerta di immunità riguarda il solo Bakiyev e che non la manterranno ancora a lungo. Vari parenti di Bakiyev, tra cui il figlio e il fratello già insediati in incarichi chiave del governo, sono accusati di gravi reati. Ieri il governo provvisorio ha annunciato di avere sciolto la Corte costituzionale.

Il Paese è diviso in due, al punto che la televisione statale nemmeno riporta notizie sul meridione, dove a Jalalabad in oltre 5mila si sono riuniti per manifestare sostegno a Bakiyev (nella foto).

Il Kirghizistan, tra i Paesi più poveri dell’Asia centrale e privo di fonti d’energia, è in una posizione chiave, tra Afghanistan, Cina e Kazakistan, ed è l’unico Paese della zona ad avere una base aerea sia russa che Usa (per le operazioni in Afghanistan). La base aerea di Manas è l’unica che Washington ha nella zona ed è vicina al confine con l’Afganistan e gli Usa pagano a Bishkek 15 milioni di dollari annui per il suo mantenimento.

Il Paese è molto montuoso e ha scarsa popolazione, frazionata tra una miriade di etnie, anche per le intere popolazioni qui trasferite in via coatta durante le “purghe” staliniane. Negli anni scorsi è spesso stato via di passaggio per i ribelli estremisti islamici e il timore è che l’attuale instabilità apra ancor più la porta a infiltrazioni islamiche radicali, specie se l’attuale divisione nord-sud dovesse perdurare o dar luogo a scontri armati. La grande incognita sarebbe l’intervento delle grandi potenze, con Mosca pronta a intervenire ma Washington che non vuole rinunciare all’unica base della zona, cruciale per la sua presenza in Afghanistan come per la vicinanza a Russia e Cina.

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