20/12/2007, 00.00
INDIA
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Il Natale dei missionari di Madre Teresa con i malati di Aids

di Nirmala Carvalho
A Shanti Bhavan i Missionari della carità vivono con giovani malati, spesso senza speranza di guarire. La testimonianza di un padre missionario che racconta come tra loro la condivisione e l’amore sono più forti della disperazione e della morte. Sull’esempio di Madre Teresa.

Kolkata (AsiaNews) – Passeranno il Natale insieme con i malati di Aids, i missionari di Madre Teresa di Shanti Bhavan, la Casa di pace. "Qui - racconta ad AsiaNews  Yesudas, fratello laico ed ex superiore dei Missionari della Carità  - ci sono 30 malati di Aids assistiti da 5 padri missionari. Hanno tutti sui trent’anni, troppo giovani per morire secondo gli standard del mondo. Spesso rinunciano alla speranza, e ogni giorno noi siamo chiamati a testimoniare la speranza. Ricordo Mitu Sahoo, morto a 12 anni per malattie collegate all’Aids. Mi teneva la mano e mi diceva desolato: ‘Cosa ho fatto per dover vivere questo tormento?’ Per lui la vita ha portato solo dolore, delusioni, sofferenze  e un’impressione che il tempo scorra lento e senza senso”. Ma per padre Yesudas, a Shanti Bhavan (Kolkata), anche tra i malati il Natale porta una speranza nuova e inattesa.

“Ogni giorno – dice - siamo chiamati a testimoniare la vita e la speranza, anche dove sembra vincere la morte. Madre Teresa ha sempre ripetuto che i Missionari della Carità sono chiamati a testimoniare l'amore di Dio, la Sua compassione e la Sua presenza nel mondo. Non si può vivere senza la speranza, la speranza della propria dignità come figli di Dio, la speranza che anche i malati sono amati e prediletti e che non saranno abbandonati e lasciati soli”.

“Il Natale – prosegue – ricorda e celebra la fede e l’amore che abbiamo incontrato. Penso alla prima notte di Natale e al primo sguardo di Gesù a Maria, che lo amava. Questo sguardo di Gesù ha la bellezza unica della comunione che cattura gli occhi di Giuseppe e di Maria. Penso anche allo sguardo innocente e fisso dei pastori [al Bambino] e alla lunga ricerca dei Magi dietro la stella, una stella che conduce a una Presenza. Il mistero di questi sguardi, unici nella storia, mi conduce alla fede, all’amore e alla contemplazione e mi rivela lo sguardo del Padre, presente oggi su di noi, che si manifesta in molti modi.” “A metà ottobre una suora, a 82 anni, ha celebrato i 50 anni della sua ordinazione. Quel giorno nel suo sguardo c’era una fiamma d’amore, che guardava a Dio e lo ringraziava per la Sua grandezza. Anche questo è Natale”.

“Poche settimane fa ho visitato in ospedale Dipankar Dey, il giorno prima che morisse di Aids. Mi ha guardato con speranza e mi ha chiesto solo se potevo dare 300 rupie a suo padre, per comprare un poco di cibo.” “Ogni giorno sperimento la mia limitatezza e l’incapacità ad alleviare dolori e sofferenze della gente. Ma porto loro il mio sorriso”. “Qualche mese fa qui si è ricoverato il signor Khokan Sarkar, all’ultimo stato dell’Hiv. Anche la moglie e la figlia sono malate. Ma il loro volto era sereno e non si sono lamentate per la malattia. Prima di andare via, la moglie ha detto a Khokan: ‘Tu non morirai’. Questo loro modo di guardarsi e la certezza che l’altro non sta andando verso la morte, rivelano una presenza. Anche questo è Natale”.

“A Shanti Bavan il Natale è un volto: il volto del figlio di Dio fatto uomo. Lui ci guarda e pone una mano sulla spalla quando ci sentiamo soli o disperati. Siamo come una famiglia, persone diverse eppure unite, in comunione in mezzo alla sofferenza. Come ha pregato Gesù: ‘Possano essere una cosa sola come noi lo siamo’. Anche nella sofferenza, impariamo a guardarci con l’amore di Dio”.

“Il giorno di Natale è per noi una grande festa. La giornata inizia allo ore 4,30 quando i padri si riuniscono per dire le lodi e meditare e poi celebrare la Santa Messa. Da questo prendiamo il nutrimento per portare speranza a chi è malato e sofferente. La sera dalle 18 alle 19 c’è l’adorazione dell’Eucarestia, cui ognuno può partecipare. Una volta la settimana ci riuniamo per un’ora di preghiera nella corsia. Vediamo questi giovani uomini che un poco alla volta iniziano ad accettare la malattia, perché vedono che sono amati e non lasciati soli”.

“A Shanti Bavan, nonostante la morte e la sofferenza, abitano la speranza e la vita. I malati non sono disperati, ma dividono il dolore e l’angoscia degli altri, si prendono cura degli altri, li ascoltano e pregano per loro. Forse credono, come Madre Teresa, che se tu muori con un sorriso le porte del paradiso ti saranno spalancate.”

 

La casa ha aperto nel 1998 per assistere 15 malati di tubercolosi. Negli anni sono venuti sempre più malati di Aids e ora tutti i 30 ricoverati hanno questa malattia o altre collegate.

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