23/04/2013, 00.00
NEPAL – CINA – TIBET
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Il Nepal alla Cina: Reprimeremo i rifugiati tibetani

di Kalpit Parajuli
In visita a Pechino Prachanda, leader del partito maoista nepalese, rinnova a Xi Jinping l'impegno contro ogni azione anti-cinese. “La stabilità nazionale e l’integrità di entrambi i Paesi non saranno compromesse in nome della libertà religiosa e dei diritti umani”.

Kathmandu (AsiaNews) - Il Nepal fermerà ogni azione anticinese, anche "eliminando" i rifugiati tibetani di Kathmandu che continuano a chiedere un Tibet libero. È la promessa rinnovata da Pushpa Kamal Dahal, presidente del partito maoista nepalese (Unified Communist Party of Nepal, Ucpn) detto "Prachanda", al presidente cinese Xi Jinping durante un incontro a Pechino. I due si sono visti il 18 aprile scorso, a margine di una visita di una settimana in Cina del politico nepalese.

"I due leader - ha riferito Chudamani Khadka, assistente personale di Prachanda - hanno parlato di interessi bilaterali e dell'importanza di un Nepal stabile per la solidità e lo sviluppo della Cina. Il partito maoista rimane convinto della 'one-china policy' e sosterrà Pechino per fermare ogni sorta di attività sovversiva in terra nepalese". "La stabilità nazionale e l'integrità di entrambi i Paesi - avrebbe detto Prachanda - non saranno compromesse in nome della libertà religiosa e dei diritti umani".

Quella stretta da Prachanda è in realtà un vecchia promessa. Il Nepal ha 1.414 km di frontiera in comune con il Tibet e dal 1990 al 2006 la monarchia parlamentare, su consiglio dell'India, ha consentito la libera circolazione degli esuli tibetani nel Paese. Il Dalai Lama e membri del governo tibetano in esilio a Dharamsala (India) hanno visitato più volte il Paese, che ospita più di 20mila rifugiati. Dopo l'abolizione della monarchia nel 2006 e la salita al potere di formazioni maoiste e comuniste il Nepal ha cambiato rotta, abbandonando lo storico alleato indiano e allacciando stretti rapporti con la Cina. In cambio di aiuti economici Pechino ha chiesto la chiusura delle frontiere con il Tibet e la repressione di qualsiasi manifestazione anticinese. 

 

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