03/04/2008, 00.00
TURCHIA
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Il difficile cammino di Erdogan, tra l’Europa e le pressioni dell’elite burocratica

di NAT da Polis
Crea tensione ad Ankara la decisione della Corte costituzionale di ammettere il ricorso che chiede lo sciglimento del partito del premier e del capo dello Stato. Oggi a Cipro è caduto l’ultimo “muro” d’Europa.
Ankara (AsiaNews) - Preoccupa l’Unione Europea l’incertezza politica che serpeggia in Turchia. Già sabato il commissario europeo per l’allargamento Oli Rehn aveva espresso le sue preoccupazioni, dicendo che in una normale democrazia europea le questioni si discutono prima in parlamento e poi si decidono alle urne. La decisone, dunque, della Corte costituzionale di accogliere il ricorso del procuratore Yalcinkaya, che aveva chiesto lo scioglimento del partito di governo AKP e l’interdizione dei suoi 71 membri principali, compresi il presidente Gul e il primo ministro Erdogan, fa salire la tensione tra i difensori dello Stato laico - che accusano il governo di imporre, con le riforme costituzionali, la legge islamica - e i fautori di Erdogan, che chiedono libertà religiosa, sostenendo di aver rinunciato ai rapporti con l’ islam politico. La tensione era iniziata prima delle elezioni politiche del luglio del 2007, con la contestazione dell’elezione di Gul alla massima carica dello Stato.
 
La reale ragione della tensione, come piu volte evidenziato dagli studiosi della Turchia contemporanea, consiste nell’anomalia di un Paese che ha una elite militar-burocratica che vede se stessa come depositaria della Repubblica e non ha mai visto la nazione come una entità capace di fare le proprie scelte. Con la conseguenza di aver formato una società poco reattiva e obbediente. Nella sua contrapposizione con l’AKP, questa elite ha con sé l’alleato di sempre, il partito di derivazione kemalista, CHP, che non avanza alcuna proposta politica, al quale s’è aggiunto, per opportunismo, il partito dei Lupi grigi, MHP, che invece aveva votato con l’AKP per la liberalizzazione del velo.
 
Sono molti a pensare che durante l’intera durata della procedura, nelle previsioni circa un anno, si cercherà di mettere in atto una prassi che ha avuto inizio con il golpe del 1980, la cosiddetta salamizzazione (nel senso di fare a fette) dei partiti politici. Si spera in altre parole di provocare delle scissioni all’interno dell’AKP, anche provocando tensioni economiche e sociali. Perchè in Turchia non esistono partiti politici–movimenti, ma piuttosto partiti-espressione di un leader. Partiti molto eterogenei e dalla vita media molto breve, quanto quella del proprio leader . Partiti espressione di rapporti ed interessi clientelari. Anche lo stesso AKP di Erdogan, nato dalle ceneri dal partito dell’ex primo ministro islamico defenestrato, Erbakan, è molto eterogeneo.
 
Si può anche capire allora Erdogan, il quale da una parte cerca di soddisfare la componente religiosa, introducendo la riforma della liberalizzazione del velo nelle università statali, gia permesso in quelle private, e dall’altra vuole il rapido ingresso della Turchia nell’UE per soddisfare le forze produttive e la propria sopravvivenza. Le forze economiche infatti sono tutte favorevoli a lui, in quanto giudicato l’unico convinto europeista, e in quanto convinte che solo l’UE può garantire stabilità e quindi sviluppo in Turchia .Il solo fatto, ci ha detto un rappresentante della Banca San Paolo Imi ad Istanbul, che la Turchia è stata accettata come Paese candidato all’UE, le ha garantito la fideiussione di tutti gli investitori. Perchè nessuno contesta il fatto che la Turchia  è Paese giovane dalle notevoli capacità e possibilità economiche, ma carente nella cultura della società civile. Per colpa, secondo lo storico Bozarlsan, della propria elite.
 
Lo stesso Erdogan, in visita oggi a Stocolma ha ripetuto che la Turchia non puo accettare un'altra soluzione che quella della piena adesione al UE. L’ingresso della Turchia in Europa ha continuato, non minerà le fondamenta di essa.
 
Certo esiste la carta finale del referendum, che vedrebbe la vittoria di Erdogan, ma ciò, si presume, provocherebbe un colpo di mano da parte dei militari. D’altra parte non è passato inosservato negli ambienti diplomatici un fatto molto importante degli ultimi giorni. La visita del  capo dello stato maggiore Buyukanit, non a caso in abiti civili, alla parte nord di Cipro divisa, dove stanziano 30mila soldati turchi e 80mila coloni turchi, su 150mila abitanti, tutti praticanti musulmani e favoriti dall’esercito a scapito dei turcociprioti nativi. Buyukanit ha voluto così far capire che qualsiasi tentativo di trovare una soluzione alla questione cipriota, che pare sia voluta dalle due comunità greca e turca, favorita anche dalla recente elezione di Cristofias alla presidenza cipriota, non si puo intendere senza il nulla osta dei militari, cecché ne dica il governo.
 
Ma proprio oggi a Cipro è stato riaperto l’ultimo muro di divisione in Europa. Una risposa della volontà delle due comunità di coesistere pacificamente nel contesto eropeo. Ma anche una risposta indiretta ai generali di Ankara.
 
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