15/07/2013, 00.00
EGITTO – ISLAM
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Il dopo-Morsi: cristiani e chiese nel mirino degli islamisti

Fuggite 100 famiglie cristiane dal Sinai dopo l’uccisione di una sacerdote copto e la decapitazione di un commerciante cristiano. Chiese crivellate di colpi; negozi di cristiani segnati per possibili attacchi; dimostrazioni contro il patriarca Tawadros, “reo” di aver appoggiato la caduta di Morsi. I cristiani rischiano di essere il capro espiatorio dei gruppi islamisti e dei Fratelli musulmani.

Il Cairo (AsiaNews) - Oltre 100 famiglie cristiane sono fuggite da El Arish, nel Sinai per le minacce di uccisione lanciate da gruppi islamisti dopo la caduta di Mohamed Morsi. Il 6 luglio scorso un sacerdote, p. Mina Abboud Haroan, 39 anni, è stato ucciso; l'11 luglio il corpo di un altro cristiano, un commerciante copto di  Sheikh Zowayd, è stato ritrovato con la testa decapitata. Era stato rapito alcuni giorni prima. Attualmente tutte le chiese copte del Nord Sinai hanno cancellato tutte le funzioni e gli incontri, meno la messa del venerdì. Ormai a Rafah e a Sheikh Zowayd non vi sono più cristiani.

La penisola del Sinai è stata sempre sede di gruppi islamisti, molti dei quali legati alle squadre militanti di Hamas a Gaza.

E da decenni combattono contro l'esercito egiziano che cerca di fermare rifornimenti di armi e contrabbando nella Striscia. Su ordine di Morsi e della Fratellanza, l'esercito aveva ridotto la pressione su di loro, per ritornare in forze dopo la caduta del successore di Hosni Mubarak.

Pochi giorni dopo la rimozione di Morsi, nel Sinai vi sono stati decine di attacchi contro stazioni di polizia, posti di blocco dell'esercito,  individui delle Forze armate.  Ma gli attacchi sono venuti anche contro i cristiani, "rei" di aver appoggiato la caduta di Morsi.

Il 5 luglio scorso, il gruppo jihadista "Ansar al-Shari'a nella terra di Kinaanah" (cioè l' Egitto), ha diffuso una dichiarazione promettendo di rispondere alla "guerra contro l'Islam in Egitto", portata avanti da "laicisti, atei, fedeli di Mubarak, cristiani, forze di sicurezza e leader delle Forze armate".  Nella dichiarazione si afferma che la democrazia è "blasfema" perché tenta di porsi al posto di Dio e mettono in guardia da possibili "massacri di musulmani in Egitto".

I cristiani, e in particolare il patriarca Tawadros, sono accusati di essere conniventi con l'esercito per la rimozione di Mohamed Morsi. Alla cerimonia di destituzione di Morsi erano presenti il patriarca copto Tawrados e il grande imam della moschea di Al Azhar, Ahmed al-Tayeb. In molte manifestazioni pro-Morsi, organizzate in questi giorni dai Fratelli musulmani, al-Tayeb viene bollato come "un traditore".

Anche il patriarca copto è accusato di aver tradito l'Egitto. Tre giorni fa a Heliopolis almeno 2mila giovani della Fratellanza, hanno scritto sui muri della chiesa (cattolica)  "Abbasso Tawrados", in una manifestazione durata diverse ore.

La minoranza copta rischia di essere presa di mira come un capro espiatorio a cui far pagare la caduta del presidente Morsi e la perdita di potere della Fratellanza.

Fonti cristiane in Egitto, confidano ad AsiaNews che "la tensione è molto alta" anche perché la Fratellanza, aiutata da jihadisti infiltrati, si sta lanciando in una serie di attacchi anticristiani, dal sapore terrorista.

Tre giorni fa, il villaggio cristiano di Dabaaya è stato attaccato da un gruppo di armati che hanno incendiato 23 case e ucciso quattro cristiani. Uno di loro, Emile Nessim, si era prodigato per raccogliere le firme dei Tamarod (i ribelli), che hanno portato alla caduta di Morsi.

Il 9 luglio, la chiesa di Mar Mina a Porto Said è stata crivellata di colpi da un gruppo di ignoti.

Nei giorni scorsi a Minya (250 km a sud del Cairo), un gruppo di islamisti ha disegnato delle croci su alcuni negozi di copti egiziani. La gente teme che questo gesto -  "di sapore nazista", affermano  - sia il preludio a un attacco terrorista per bruciare gli edifici segnati.

Alcune fonti fanno però notare che più in generale, dopo la destituzione di Morsi, fra musulmani e cristiani vi è un maggiore senso di riconciliazione: "C'è una più forte solidarietà nel contrastare l'estremismo e nel far maturare l'unità nazionale".

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