24/01/2007, 00.00
TIBET – CINA
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Il governo tibetano in esilio “spera ancora nella pace con Pechino”

Il primo ministro della diaspora tibetana riafferma il dialogo come unico mezzo di confronto con la Cina, ma avverte di non poter più chiedere alla popolazione di rimanere calma. Il Dalai Lama annuncia che la sua reincarnazione avrà soltanto un peso spirituale.
Dharamsala (AsiaNews/Agenzie) – Il governo tibetano in esilio “ripone ancora delle speranze” in una soluzione pacifica alla questione tibetana, che possa condurre la regione verso una “sostanziale autonomia” nonostante “la posizione contraria della Cina”.
 
Lo ha detto ieri il primo ministro del governo tibetano in esilio, Samdhong Rinpoche, che ha aggiunto: “In passato abbiamo chiesto ai nostri concittadini rimasti in patria di non creare problemi alla Repubblica popolare cinese, ma Pechino non ha tenuto in considerazione il nostro gesto ed ha continuato ad attaccare il Dalai Lama. In queste circostanze, non possiamo continuare a chiedere al nostro popolo di rimanere tranquillo”.
 
In ogni caso, ha aggiunto, questo atteggiamento “non cambia la nostra politica, che si basa sul dialogo. Speriamo di poter al più presto riprendere i colloqui bilaterali con la Cina e giungere così ad una conclusione della vicenda”.
 
Nello stesso tempo, il Dalai Lama ha annunciato che la sua prossima reincarnazione “potrebbe non aver alcun peso politico sulla regione”. Il 14° “dio-re” del Tibet ha spiegato che “nel 2001 è stata eletta democraticamente una leadership politica, che ora ha il compito di guidare la diaspora tibetana ed i nostri confratelli rimasti in patria. Il prossimo Dalai Lama sarà forse solo una guida spirituale”.
 
In questo modo, vengono svuotati i tentativi di Pechino di guidare a una scelta politica del futuro Dalai Lama. Dopo aver nominato un nuovo Panchen Lama (la seconda carica per importanza del buddismo) ed aver sequestrato quello riconosciuto in modo legittimo, nel luglio 2005 Pechino ha annunciato che sarà il governo locale a riconoscere il nuovo Dalai Lama.
La Cina definisce la sua pluridecennale occupazione del Tibet, come una liberazione che ha salvato i tibetani della regione dall'oppressione feudale. Pechino ha creato in maniera formale una Regione autonoma tibetana nel 1965, ma il Dalai Lama sostiene che questa non ha reale autonomia dal governo centrale.
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