15/01/2010, 00.00
MONGOLIA
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Il presidente della Mongolia chiede l’abolizione della pena di morte

Tsakhia Elbegdorj sottolinea che “degrada la dignità della nazione” e conferma l’intenzione di graziare i detenuti nel braccio della morte. Dall’inizio del mandato ha commutato tre sentenze di condanna. Larga parte dell’opposizione è favorevole alla pena capitale e blocca la riforma.
Ulaan Baatar (AsiaNews/Agenzie) – Tsakhia Elbegdorj, presidente della Mongolia, ha annunciato una moratoria contro la pena di morte e ne chiede l’abolizione nel Paese. In una seduta parlamentare, egli ha affermato che la punizione “degrada la dignità della nazione” e conferma l’intenzione di graziare i detenuti nel braccio della morte.
 
Nella terra resa celebra dalle gesta di Genghis Khan, che instillava disciplina mediante l’uso della pena di morte, il presidente invoca la moratoria sulle esecuzioni. “La maggior parte delle nazioni al mondo – ha sottolineato Tsakhia Elbegdorj – ha scelto di abolire la pena capitale. Dovremmo seguire questo esempio”. Egli aggiunge che “a partire da domani” grazierà i detenuti nel braccio della morte e suggerisce di “trasformare la condanna capitale a 30 anni di carcere duro”.
 
Dall’inizio del suo mandato, nel 2009, Tsakhia Elbegdorj (nella foto) ha commutato almeno tre sentenze di condanna a morte. Una proposta di legge prevede la pena capitale per omicidio premeditato e assassinio di Stato o di un pubblico ufficiale, ma la cancella nei casi di violenza sessuale, banditismo, terrorismo e sabotaggio. L’esecuzione della condanna viene fatta con un colpo di pistola alla nuca. Essa non è applicata alle donne, ai minori di 18 anni e agli over 60.
 
Fra i poteri del presidente in Mongolia – una nazione vasta quanto l’Europa occidentale e con tre milioni di abitanti – vi è anche la facoltà di commutare la condanna a morte. Tuttavia, modificare la legge in Parlamento non sarà facile perché servono i voti degli esponenti dell’opposizione, molti dei quali sostengono la pena capitale.
 
Organizzazione umanitarie e attivisti per i diritti umani riferiscono che nel 2008 la condanna a morte è stata eseguita almeno in cinque casi. Al riguardo non vi sono cifre ufficiali perché il suo utilizzo è annoverato fra i “segreti di Stato”.
 
La Cina conserva il triste primato del maggior numero di esecuzioni capitali eseguite nel 2008. Il governo di Pechino ha ucciso 1718 persone, ben oltre la metà delle 2390 pene capitali eseguite in tutto il mondo. Il 93% delle esecuzioni interessa cinque Paesi. Oltre alla Cina nell’elenco figurano l’Iran (346), l’Arabia Saudita (102), gli Usa (37) e il Pakistan (36). Il continente che ha fatto ricorso più di ogni altro alla pena capitale è l’Asia con 1838 condanne.
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