28/08/2012, 00.00
MYANMAR
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Il rimpasto di governo voluto da Thein Sein è l’ennesimo “cambio di facciata”

Il presidente birmano ha allontanato alcuni esponenti vicini al vecchio regime e promosso membri dell’ala riformista. Esperto di politica birmana spiega che, in realtà, gli equilibri restano invariati. Nel Paese permangono “problemi irrisolti” e a trarre beneficio dai cambiamenti è sempre la leadership al potere.

Yangon (AsiaNews) - Il rimpasto di governo voluto dal presidente Thein Sein è un "cambiamento di facciata", perché i veri problemi del Myanmar non verranno risolti dai nuovi ministri vicini al fronte "riformista". È quanto riferisce ad AsiaNews un esperto di politica birmana, che chiede l'anonimato per motivi di sicurezza. A dispetto dell'allontanamento di personalità vicine al vecchio regime e ai militari, spiega la fonte, il vero nodo centrale resta il "potere economico" che è sempre nelle mani della giunta e dei suoi affiliati. E l'ingresso di organismi internazionali come la Banca mondiale o il Fondo monetario internazionale serve solo "a fare più affari" o a "trasferire capitali all'estero".

Ieri il presidente birmano ha confermato il tanto attesto cambio della squadra di governo; una mossa secondo gli esperti destinata ad allontanare alcuni elementi legati alla precedente dittatura militare, sostituiti da personalità più sensibili al progetto riformista di Thein Sein. Quattro dicasteri chiave faranno il loro ingresso nel gabinetto dell'esecutivo, acquisendo maggiore forza e autorevolezza. Tra questi vi sono il ministero delle Ferrovie, il collega delle Finanze e quello dell'Industria, che "lavoreranno per" e a stretto contatto col capo di Stato. Declassato il vecchio ministro dell'Informazione, uomo di facciata con i media della giunta militare (per lui un incarico minore), sostituito dal responsabile dei colloqui con Aung San Suu Kyi ai tempi in cui era agli arresti domiciliari.

Tuttavia, una fonte interna al Myanmar ed esperta di questioni politiche e sociali spiega che si tratta di "cambiamenti di facciata", mentre restano "problemi irrisolti" fra cui la giustizia sociale, la distribuzione della ricchezza, l'equilibrio fra i poteri e una vera riforma in chiave democratica. Anche l'elezione della "Signora" in Parlamento è solo un modo "per tenerla più occupata" e trasformarla nel "simbolo del cambiamento" di una nazione in cui gli equilibri sono rimasti invariati.

Il vero problema, conclude la fonte, è il legame fra Thein Sein e il fronte militare, che mantiene il potere. Il presidente "o è troppo debole" per promuovere cambiamenti davvero concreti - e non solo piccoli aggiustamenti - "oppure è d'accordo con i militari" e il suo cammino, più che una rottura, rappresenta un nuovo elemento di continuità, solo "ripulito" agli occhi della comunità internazionale. Anzi, nota l'esperto, l'ingresso di enti mondiali e l'apertura all'esterno porta "nuove occasioni di affari, movimenti di capitali e guadagni" per chi detiene il potere economico, ovvero la "combriccola" militare che governa il Myanmar da dietro le quinte. 

 

 

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