05/03/2009, 00.00
LIBANO
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Il tribunale per l’assassinio Hariri svolta storica per il diritto internazionale

di Fady Noun
Nel processo non si giudica la morte di un uomo ma il tentativo di uccidere una nazione. Esso rafforza l’idea che è finito il tempo “dell’immunità” per chi compie crimini politici. La Siria ostenta sicurezza e promette di punire i responsabili. Ma la giustizia internazionale è ancora vittima degli interessi degli Stati più forti.

Beirut (AsiaNews) – Con l’avvio del Tribunale speciale per il Libano (Tsl) e il mandato di arresto emesso nei confronti di Omar al-Bachir, attuale presidente del Sudan, la nozione di giustizia nel diritto internazionale ha da poco compiuto due balzi prodigiosi, anche se la loro risonanza a livello mondiale è diversa.

Il 3 marzo il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha accolto, con una dichiarazione votata all’unanimità, l’apertura il 1° marzo all’Aja del Tribunale speciale per il Libano (Tsl). Certo, questa decisione è di gran lunga meno spettacolare rispetto al mandato di arresto contro Bachir. Essa costituisce nondimeno “una tappa importante verso la giustizia e la fine dell’impunità”.

In seno all’opposizione si è dibattuto sull’opportunità di un tribunale internazionale per l’omicidio di un solo uomo. In questi ambienti si è fatto un parallelo fra l’assassinio di Hariri e altre atrocità. La prima che viene in mente oggi è la guerra a Gaza e le sofferenze infinite della popolazione civile, alle quali abbiamo assistito in diretta grazie alle televisioni.

Tuttavia, considerare le cose da questa prospettiva è una semplificazione. Nel processo internazionale contro gli assassini di Rafic Hariri, non si giudica la morte di un uomo. C’è di mezzo soprattutto il tentativo di uccidere una nazione; di utilizzare la strategia del terrore come strumento politico, come mezzo per dominare il Libano.

Questa è anche la ragione per la quale al dossier sull’assassinio di Hariri sono stati aggiunti i casi di altre nove personalità, uccise tutte nello stesso modo. Nella loro eliminazione vi sono analogie che non possono essere frutto del caso, come hanno peraltro affermato i rapporti degli inquirenti che si sono succeduti alla guida della commissione di inchiesta.

Il gen. Achraf Rifi, direttore generale delle Forze di sicurezza interna, che ha perduto uno dei suoi uomini migliori – il capitano Wissam Eid, un esperto di telecomunicazioni – nel corso di un attentato, è convinto di queste analogie. Egli ha affermato che tra il primo di ottobre del 2004 e il gennaio 2007 il Libano è stato testimone di 11 omicidi politici, cinque tentati omicidi e 33 esplosioni, per un totale di 96 morti e 678 feriti. Si è arrivati al punto da poter quasi prevedere il verificarsi di un attentato. In parallelo, l’opposizione filo-siriana conduceva una controffensiva politica contro la Rivoluzione dei Cedri, caratterizzata da una manifestazione di massa straordinaria nel corso della quale metà della popolazione libanese si è radunata spontaneamente nella Piazza dei Martiri per chiedere la partenza dell’esercito di Damasco.

La giustizia internazionale si riunisce proprio per proteggere l’indipendenza del Libano e la sua sovranità nazionale. Da una fonte vicina al governo francese si è saputo che il Tsl “ha già creato nei regimi che compiono attentati terroristi un clima a metà fra la dissuasione e la preoccupazione”.

L’entrata in funzione del Tsl rafforza l’idea che il tempo dell’impunità totale è finito per quanti perpetravano crimini politici e si proteggevano dietro le “immunità” o altre barriere politiche.

Un mandato di arresto non garantisce certo un effetto reale di dissuasione. Così la Siria, che i più sospettano di essere il mandante dell’assassinio di Hariri, mostrando di cooperare con la commissione di inchiesta, ha affermato “di non essere preoccupata” del verdetto del tribunale e sottolinea che sarà lei stessa a punire tutti i cittadini siriani che sono implicati nel crimine. Rimane comunque il fatto che la prospettiva di un mandato di arresto può costituire un freno per quanti hanno la tendenza a regolare i loro problemi con attentati e assassini, e l’ammorbidimento della Siria potrebbe essere dovuto alla sensazione di una minaccia.

Dall’altra parte, l’opposizione interna dice di temere la “politicizzazione” dell’inchiesta. Certo, la creazione del Tsl è una decisione politica, anche solo per il fatto che il crimine sul quale cerca di fare luce è di natura politica. Ma questo non implica necessariamente che il processo che ne deriva sarà “politicizzato”. Il commissario Daniel Belemare giura che emetterà il verdetto basandosi esclusivamente su prove inconfutabili e sulla sua intima convinzione.

Sappiamo tuttavia che l’Onu è una grande macchina nella quale gli interessi delle nazioni sono talvolta sacrificate sull’altare di cause più grandi e in funzione di finalità che nulla hanno a che vedere con la giustizia. Replicando al mandato di arresti lanciato contro al-Bachir, Hamas ha chiesto che i dirigenti israeliani siano giudicati per i loro crimini nella guerra a Gaza. Tutti sanno, tuttavia, che questo grido non ha alcuna possibilità di essere ascoltato. La giustizia internazionale nei riguardi di tutti non è un evento che accadrà domani, e per molto tempo ancora essa continuerà a essere spesso dettata dalla legge del più forte.

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