24/09/2007, 00.00
MYANMAR
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In 30 mila marciano a Yangon contro la giunta militare

La sfida è crescente: il governo ha chiesto ai monaci di tornare nei loro monasteri. Il corteo è ancora passato vicino alla casa di Aung San Suu Kyi. I monaci chiedono che la giunta dialoghi sui problemi economici e liberi la leader democratica e gli altri prigionieri politici.

Yangon (AsiaNews) – Almeno 30 mila persone, metà delle quali monaci e monache buddisti, hanno marciato oggi nelle strade di Yangon in quella che è la più grande manifestazione contro la giunta negli ultimi 20 anni. Essa segna anche la sfida più aperta contro il governo da parte delle comunità monastiche: ieri il governo aveva infatti richiesto ai monaci, che da 7 giorni manifestano in diverse città, di  ritornare ai loro monasteri.

La marcia di stamane era iniziata con poche migliaia di monaci radunati alla Pagoda Shwedagong, ma in poco tempo una folla enorme si è aggiunta ai monaci e la marcia è pure passata davanti alla casa di Aung San Suu Kyi. Sabato scorso i monaci si erano fermati per diversi minuti davanti alla sua casa e avevano ricevuto l’imprevisto silenzioso saluto della leader dell’opposizione, agli arresti domiciliari dal maggio 2003. Oggi però la polizia ha messo un cordone impenetrabile davanti alla porta di casa. Ieri, per la pirma volta, sono sfilate anche centinaia di monache buddiste.

Il corteo è stato salutato da migliaia di persone che facevano ala ai due lati, offrendo ai monaci riso, fiori, acqua e perfino balsamo per i piedi. Alcuni monaci portavano la tazza delle offerte capovolta, in segno di rifiuto delle elemosine da parte dei militari.

Al settimo giorno di manifestazione la tensione cresce sempre di più: alcuni hanno voluto aggiungersi alla marcia dei monaci portando cartelli e slogan contro il regime, ma son stati portati via da poliziotti in borghese.

Ieri, per la prima volta, i monaci hanno  chiesto esplicitamente alla popolazione di unirsi alla loro protesta, domandando alla giunta di accettare il dialogo per risolvere la crisi economica e politica che attanaglia il Paese.

Un monaco con un megafono gridava slogan del tipo: “Vogliamo la riconciliazione nazionale; vogliamo il dialogo con i militari; vogliamo libertà per Aung San Suu Kyi e gli altri prigionieri politici”.

Secondo diversi analisti, uno scontro fra i monaci e la giunta sembra inevitabile. Il governo militare, che domina il Paese dal ’62,  ha già una storia di violenze e di eccidi. Nell’88  l’esercito ha ucciso oltre 3 mila manifestanti pro-democrazia. Ma violenze contro i monaci potrebbero scatenare una rivolta generale che darebbe inizio a una vera e propria guerra civile.

Le proteste pacifiche della gente – subito soffocate con metodi polizieschi - sono iniziate il 19 agosto scorso, quando il governo ha deciso di raddoppiare i prezzi dei carburanti e dei trasporti.

La protesta è poi passata nelle mani dei monaci ed è ormai divenuta un'emergenza nazionale.

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