06/06/2008, 00.00
COREA DEL NORD
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In caso di riunificazione, saranno uccisi i 900mila prigionieri dei gulag di Pyongyang

È la denuncia di un’ex guardia carceraria nordcoreana, oggi rifugiata nel Sud, che parla di piani speciali per eliminare i detenuti dei campi di lavoro in caso di riunificazione fra le due Coree.
Seoul (AsiaNews) – In caso di riunificazione fra le due Coree, circa 900mila nordcoreani verranno immediatamente uccisi nel silenzio. Si tratta dei prigionieri dei gulag nordcoreani, un esercito di schiavi costretti dal regime a vivere soltanto per produrre, incarcerati spesso senza alcuna accusa e privati di ogni diritto umano. È la denuncia di Ahn Myong Chol, ex guardia carceraria nordcoreana fuggita dal suo Paese dopo la prigionia nel Campo 22 ed attualmente rifugiato in Corea del Sud.
 
Nel corso di un incontro organizzato in un’università sudcoreana, avvenuto alcuni giorni fa, il dissidente denuncia: “E’ necessario alzare la consapevolezza mondiale sulla situazione della Corea del Nord, un Paese che vive grazie al terrore provato dai suoi cittadini e che mette nei campi di lavoro milioni di persone senza alcun motivo”.
 
Secondo Ahn, la popolazione dei gulag è gravemente a rischio: “Per esperienza diretta, so quanto poco interessi al governo la sorte di coloro che vivono nei campi di lavoro. In caso di riunificazione fra le due Coree, sono pronti piani di emergenza per uccidere tutti i carcerati, che potrebbero in un secondo momento divenire testimoni contro i gerarchi socialisti e contro le guardie carcerarie”.
 
Il dissidente ha lavorato nei gulag dal 1987 al 1994. Dopo l’arresto del padre e l’esecuzione di tutta la sua famiglia – “colpevoli” di aver criticato una decisione del governo – ha deciso di fuggire. Dei campi, dice: “Sono il luogo peggiore del mondo e, allo stesso tempo, la chiave di sopravvivenza del regime. Questo usa i gulag sia come mezzo di controllo della popolazione tramite il terrore, sia come mano d’opera basilare. Nel Campo 22, ad esempio, si produce un’enorme quantità di carbone praticamente a costo zero”.
 
Dentro i campi vivono intere famiglie, dato che il pensiero politico di Kim Il-sung – primo dittatore nordcoreano e padre del “caro leader” Kim Jong-il – impone l’incarcerazione dei traditori “fino alla terza generazione”. Per questo, conferma Ahn, “nei campi vanno a finire i figli ed i nipoti dei colpevoli, che vengono aizzati contro la propria famiglia, indicata come il vero responsabile dei loro mali”.
 
In conclusione, l’ex guardia carceraria denuncia: “Dopo aver affrontato il problema del nucleare, la comunità internazionale non cercherà di aiutare i cittadini nordcoreani, che soffrono di una continua violazione dei loro diritti umani. Eppure, proprio questi sono il tallone di Achille del regime”.
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