29/09/2016, 09.04
INDIA
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India, un anno dopo il linciaggio la carne di vacca è ancora al centro delle polemiche

Il caso dell’assassinio di Mohammad Akhlaq ha sconvolto la popolazione e spinto intellettuali e voci critiche del nazionalismo religioso ad agire. Scrittori hanno riconsegnato premi prestigiosi; studenti hanno manifestato nelle università. D’altra parte si affinano le tecniche dei “protettori delle vacche”.

New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – Crescenti accuse di intolleranza nei confronti della politica del premier Narendra Modi; un numero sempre maggiore di intellettuali che prendono le distanze dalla politica mainstream; la sconfitta del partito di governo Bjp (Bharatiya Janata Party, nazionalista indù) nelle elezioni statali in Bihar. Ma anche il rafforzamento di un movimento spontaneo dei “vigilanti delle vacche”, disposti a fare di tutto, anche in forma violenta, per impedire il consumo o la macellazione dell’animale sacro alla fede indù. È quanto è accaduto in un anno dopo il feroce linciaggio di Dadri, in Uttar Pradesh, in cui un uomo musulmano è stato ucciso a bastonate da una folla inferocita per il sospetto di aver consumato carne di vacca.

Il 28 settembre dello scorso anno il linciaggio di Mohammad Akhlaq, assassinato di fronte alla famiglia, ha suscitato profondo sdegno in buona parte della popolazione. Nell’induismo la vacca è venerata come manifestazione del divino: per questo ucciderla o mangiarla è considerato un peccato, e i bramini (sacerdoti, la casta più alta – ndr) si astengono dal farlo. Solo i dalit (i fuoricasta) – considerati impuri e per questo chiamati anche “intoccabili” – la consumano e la toccano, lavorandone la pelle.

Secondo dati governativi, la carne di vacca è il principale alimento per gran parte della popolazione non indù. Circa 80 milioni di indiani la consumano – cioè una persona ogni 13 abitanti – di cui la maggior parte musulmani. I dati rivelano però che anche gli indù la consumano, in numero sempre crescente: ad oggi sono più di 12 milioni in tutto il Paese.

Solo in seguito si è scoperto che la carne consumata dalla famiglia di Akhlaq, che oggi vive a Delhi per motivi di sicurezza, era di bufalo. A prescindere dagli accertamenti sulla natura della carne, all’indomani del pestaggio si sono scatenati movimenti di protesta e di “autoconservazione” che hanno coinvolto la società a più livelli.

Se da una parte sono aumentate sempre di più le voci critiche di studenti e intellettuali – tra cui la famosa scrittrice Nayantara Sahgal, nipote del primo premier indiano Jawaharlal Nehru – che hanno restituito prestigiosi premi alla carriera sottolineando l’importanza di tolleranza, diversità e pluralismo, dall’altra i difensori del nazionalismo religioso hanno affinato ancora di più le loro tecniche.

In molte zone del Paese sono sorte in maniera spontanea iniziative in difesa della vacca sacra. Tra queste, i gruppi che si sono autonominati “protettori delle vacche”, formati da nazionalisti locali che si ergono a “difensori della legge statale” (dal momento che in molti Stati è vietato macellare il manzo). Ma anche i funzionari di governo non sono stati da meno: l’irruzione della polizia nella mensa della residenza a Delhi del chief minister del Kerala, ha innescato un vero e proprio “incidente politico”.

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