13/09/2012, 00.00
INDIA
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India, ancora violenze contro i cristiani. I governi complici dei nazionalisti indù

di Nirmala Carvalho
Due nuove aggressioni in Karnataka e in Madhya Pradesh, Stati guidati dal partito nazionalista del Bharatiya Janata Party (Bjp). Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), nota “crescente intolleranza, discriminazione e persecuzione” contro le comunità di minoranza.

Mumbai (AsiaNews) - "Negli Stati indiani dove governa il Bharatiya Janata Party (Bjp), si chiudono gli occhi dinanzi alle atrocità contro i cristiani": è il commento di Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), a due nuovi attacchi avvenuti in Karnataka e Madhya Pradesh, amministrati dal partito ultranazionalista indù. In entrambi i casi, attivisti di gruppi radicali sostenuti dal Bjp hanno aggredito e accusato i pastori di comunità cristiane di conversioni forzate e proselitismo.

Il primo incidente risale al 5 settembre scorso, nel villaggio di Sagar (Shimoga, Karnataka). Il rev. Damodara, 42 anni, della Chiesa pentecostale Parishudda Prarthanalaya, guidava un servizio di preghiera. All'improvviso, 15 radicali indù guidati da un certo Omkara sono entrati, aggredendo il pastore e i fedeli lì presenti. Gli attivisti hanno poi chiamato la polizia di Taligoppa per denunciare i cristiani di conversioni forzate. Arrivati sul posto, prima di arrestare il rev. Damodara anche gli agenti hanno picchiato i presenti.

Informato dell'aggressione, il Gcic ha contattato un ispettore di polizia, Sitaram, spiegandogli l'accaduto. Il funzionario ha allora fatto trasferire il pastore nella stazione di polizia di Sagar, dove è stato condotto un interrogatorio imparziale. All'alba, il religioso è stato rilasciato, senza accuse a suo carico. La polizia ha fatto firmare all'uomo un documento, in cui dichiara di non essere implicato in conversioni forzate. Anche gli aggressori hanno dovuto siglare una dichiarazione, nella quale affermano che non interferiranno con i servizi di preghiera dei cristiani.

Il secondo episodio è avvenuto il 7 settembre scorso ne villaggi di Birmawal (Ratlam, Madhya Pradesh). La vittima è il rev. John Pargy, 26 anni, dell'India Gospel Church. Il pastore stava distribuendo opuscoli sul cristianesimo alla stazione dei bus, quando 25 radicali indù della Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss) e del Bajrang Dal lo hanno fermato. Invece di picchiarlo, gli attivisti lo hanno portato alla locale stazione di polizia: agli agenti hanno riferito che il pastore stava criticando in modo pubblico l'induismo e che li aveva costretti a bere sangue di mucca (animale sacro per gli indù, e quindi intoccabile, ndr). Gli agenti lo hanno tenuto in carcere per tre giorni, poi lo hanno rilasciato.

"L'India - sottolinea Sajan George - è un Paese laico. Questo significa che protegge tutte le religioni in modo uguale, e non eleva nessun credo a religione di Stato. Eppure, a oltre 60 anni dall'indipendenza e dalla proclamazione della nostra Costituzione, alcune comunità di minoranza, come quella cristiana, vivono una crescente intolleranza, aggressioni e gravi discriminazioni". 

 

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