29/05/2006, 00.00
India
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India, gli attacchi alla libertà religiosa "tradiscono gli ideali della nostra società"

di p. Babu Joseph, svd

In una lunga analisi, il portavoce della Conferenza episcopale indiana punta il dito contro le frange "oscurantiste" della società indiana che "disinformano la popolazione sulle attività dei cristiani" ed "interferiscono in un campo che compete solo a Dio".

Delhi (AsiaNews) – La società indiana subisce "uno dei più seri attacchi della sua storia alla libertà religiosa", fattore "fondamentale per ogni essere umano" sul quale "lo Stato non ha alcun diritto di intervenire". Padre Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale indiana e direttore dell'Ufficio per le comunicazioni sociali indiane, analizza il recente dibattito fra i nazionalisti indiani e Papa Benedetto XVI sulla libertà religiosa nel Paese ed i tentativi di approvare – Stato dopo Stato – decreti anti-conversione che "interferiscono in un campo in cui lo Stato non può intervenire: l'interiorità di una persona".

Riportiamo di seguito il testo completo dell'analisi. La traduzione è a cura di AsiaNews.

Per oltre due millenni, l'India ha avuto un carattere multi-religioso. Ma ora questa caratteristica ben definita della nazione subisce un serio attacco da parte di un gruppo di oscurantisti religiosi e dalla loro visione del Paese. Questa visione è molto lontana da quella che dovrebbe avere una nazione moderna ed in crescita.

Il Papa Benedetto XVI, nel suo discorso al nuovo ambasciatore indiano presso la Santa Sede Amitava Tripathi – pronunciato in occasione della presentazione delle lettere di credenziali di quest'ultimo – ha detto che, nonostante l'India abbia superato una serie di ostacoli importanti in campo economico, sociale e politico, ha ancora delle situazioni che preoccupano per ciò che riguarda la libertà religiosa in alcune zone della nazione. Questa osservazione del Papa ha provocato diverse risposte dal nostro Paese.

Come prevedibile, alcune organizzazioni hanno criticato questa affermazione ed hanno detto che il Papa ha ecceduto i limiti della sua autorità facendo riferimento a fattori che riguardano gli affari interni dell'India; secondo questi gruppi, il discorso di Benedetto XVI è quindi un'interferenza e l'intera questione dovrebbe essere risolta dalla popolazione indiana. Altri sono stati più prudenti ed hanno affermato che il Papa non avrebbe dovuto fare queste affermazioni in occasione dell'udienza al nuovo ambasciatore, ma avrebbe dovuto scegliere un altro momento.

Il governo ha risposto comunicando il "proprio dispiacere" all'incaricato d'affari della Santa Sede in India. Questa decisione è stata necessaria a causa di un'interrogazione parlamentare sulla questione presentata da un leader dell'opposizione, che si è scagliato contro le parole del pontefice.

Dopo questo polverone, forse è una buona idea quella di raccogliere i nostri pensieri sull'intero episodio per porre la questione sulla giusta prospettiva.

Il riferimento del Papa ai "preoccupanti segni di intolleranza religiosa che si registrano in alcuni Stati indiani" non si rifà ad episodi grossolanamente fraintesi, se si vuole guardare all'argomento con obiettività storica. Nessuno con un briciolo di sensibilità può negare l'allargarsi della violenza nella storia recente dell'India contro comuni cittadini, divenuti un bersaglio solo a causa della loro appartenenza religiosa. Il massacro del Gujarat, l'omicidio di Graham Stein (bruciato vivo insieme a due figli piccoli), la brutale esecuzione di religiosi e religiose, lo stupro e le umiliazioni subite da donne devote a Dio, il rogo dei luoghi di culto, le molestie che devono subire coloro che pregano anche in casa, gli atti vandalici contro istituzioni educative o sanitarie sono chiari esempi che fanno capire a chiunque che qui c'è qualcosa che non và.

Ancora peggiori sono le motivazioni incredibili che alcuni gruppi forniscono alla popolazione per disinformare in maniera sistematica sulle "reali motivazioni" dei cristiani, in special modo di coloro che operano in ambienti umanitari. Vi è un ritornello – "fermate le conversioni forzate" – che viene ripetuto fino alla nausea, così spesso che si arriva a domandarsi se i cristiani parlino d'altro.

Che ci sia così tanta paranoia riguardo le conversioni religiose in India – in buona parte creata con cura – è visibile inoltre dal fatto che, Stato dopo Stato, tutti i governi locali retti dai partiti d'opposizione stanno approvando dure leggi anti-conversione. Questo – secondo la loro logica – "redimerà" l'India dal suo "cammino deviato", facendola tornare alla sua "religione originaria".

Il cardinale Ivan Dias, il nuovo prefetto di Propaganda Fide, ha molto correttamente condannato il tentativo di alcuni Stati di limitare la libertà religiosa definendolo "infondato". Questo è solo un modo per tradire i principi base su cui la nostra patria è stata fondata dai suoi padri. L'India, e questo è un fatto, ha avuto per oltre due millenni un carattere multi-religioso.

La libertà di un individuo o di una società è incompleta senza la libertà religiosa. Per questo, la religione è un qualcosa che tocca il nucleo stesso di un essere umano, ed egli lo considera uno dei fattori più importanti della sua esistenza. Ognuno dovrebbe avere la libertà di scegliere il credo e le pratiche religiose che preferisce per costruire la propria vita nella maniera migliore per lui. In questo campo lo Stato non ha alcun diritto di intervenire, se non per questioni che riguardano la morale o l'ordine pubblico.

La fede è una questione che riguarda l'interiorità di ciascuno di noi: anche se in questo campo lo Stato non può intervenire, questo è esattamente ciò che alcuni Stati indiani stanno cercando di fare, rimanendo impuniti. Sembra di essere tornati ad Orwell, dominati da un Grande Fratello che guarda sopra di noi per vedere se facciamo il segno della croce, o se mettiamo una croce sopra i simboli. Tolleranza zero per i cambiamenti.

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