10/10/2012, 00.00
INDIA
Invia ad un amico

India e democrazia, minacciate da corruzione, antipolitica e uso cinico della religione

di Giulia Mazza
AsiaNews intervista Gyan Prakash, storico indiano che insegna all’università di Princeton. Partendo dal suo ultimo libro, dedicato alla città di Mumbai, il professore traccia un quadro dell’India di oggi, proiettata verso il futuro, ma vittima di corruzione e sentimenti antipolitici. La religione come fonte di armonia e coesistenza.

Roma (AsiaNews) - È in corso a Roma in questi giorni la XIII edizione di "Asiatica, Incontri con il cinema asiatico", rassegna che presenta gli ultimi lavori provenienti dal Medio ed Estremo oriente. Ieri Gyan Prakash, docente di storia all'università di Princeton, ha presentato il suo ultimo libro, dal titolo "La città color zafferano. Bombay tra metropoli e mito". Un viaggio attraverso il volto più cosmopolita della capitale del Maharashtra, vera e propria metropoli ante-litteram, dove le diversità linguistiche, culturali e religiose dei suoi abitanti sono state (e sono tuttora) forza e punto debole. AsiaNews ha incontrato l'autore, che ha offerto il suo punto di vista sull'India di oggi: un Paese ancora diviso tra modernità e tradizione, dove le giuste lotte contro la corruzione rischiano di alimentare un sentimento di antipolitica "molto pericoloso" per la democrazia. In questo quadro, s'inseriscono gli episodi di violenza perpetrati dai nazionalisti indù contro le minoranze, in particolare cristiana e musulmana. Esse, spiega, non hanno a che vedere con la fede, ma dimostrano "un uso cinico, meschino e strumentale" della religione per "ottenere potere".

È corretto prendere Mumbai, con la sua storia ed evoluzione, a macro-modello della società indiana attuale?

Mumbai è un modello per la moderna società indiana: non la si può considerare tale prendendo l'intero contesto storico del Paese, ma il modo in cui l'India si è sviluppata. Penso alla grande diversità che contraddistingue Mumbai: con le sue molteplici comunità religiose, la sua grande varietà linguistica, essa crea e rappresenta una sorta di museo sulla cultura e la religione indiana. È importante anche il modo in cui Mumbai ha affrontato i problemi derivanti da queste differenze religiose e culturali. In tal senso, Mumbai rispecchia l'India nella sua interezza, ma in un modo del tutto particolare. Per lungo tempo, essa è stata una città cosmopolita, dove persone provenienti da contesti diversi vivevano insieme. Dopo il 1992-1993 [quando è stata teatro di violenti scontri etnico-religiosi tra indù e musulmani, ndr], Mumbai è stata sotto pressione, ma l'idea di una società moderna capace di accogliere comunità differenti tra loro è diventata ed è ancora oggi una sfida per Mumbai e per l'India.

L'India sembra sempre divisa tra spinta alla modernità e rispetto degli antichi valori. Eppure, i tentativi di apertura vengono contrastati. Crede che il Paese potrà mai assumere un volto "globale", scevro da luoghi comuni, ma al tempo stesso in equilibrio con la propria cultura?

Per l'India riuscire a convogliare le proprie tradizioni con lo sviluppo moderno è una sfida da sempre. Tra il 19mo e il 20mo secolo la gente ha cercato di creare un sistema in cui le nuove sensibilità attingessero ai valori tradizionali, e viceversa. Per questo, credo che questa contaminazione sia un cammino molto vivo per l'India. Oggi, la sfida con la globalizzazione pone un diverso tipo di interscambio tra esterno e interno. C'è il tentativo di creare un volto omogeneo, che sia lo stesso in tutto il mondo: pensiamo ai cafè, ai supermercati, ai centri commerciali. Gli indiani resistono a questo tipo di globalizzazione. Di recente, per esempio, vi è stato l'annuncio dell'arrivo di Wallmart e Carrefour [grandi catene internazionali di supermercati, ndr]: secondo la popolazione, l'entrata di questi enormi conglomerati distruggerà molti dei tipici negozietti locali, che fanno parte della vita e della quotidianità dell'India. Non è solo una questione "economica", e non riguarda l'essere contrari alla globalizzazione, perché in qualche modo la gente dovrà venire a patti anche con questa realtà. Ma quando essa diventa del tutto dominante, e si ha la sensazione di assistere a una sorta di inculturazione, allora la gente reagisce.

L'attuale classe politica appare impantanata negli scandali legati alla corruzione, quasi incapace di proiettare l'India in una nuova fase. Che prospettive ha la politica indiana?

La corruzione è una questione importante, e molte persone sono scese in piazza per protestare contro di essa. Il problema ora è che il movimento anti-corruzione sta portando alla creazione di un movimento anti-politico, in cui non è più sotto attacco solo la corruzione, ma le stesse istituzioni. Questo è molto pericoloso, perché significa che le persone, invece di una democrazia, sono alla ricerca di una tecnocrazia, che ripulisca tutto e gestisca il Paese in modo più efficiente e responsabile. Per quanto mi riguarda, non credo che questa sia la risposta. Con l'esplosione di tutti questi scandali, il movimento anti-corruzione ha creato una sorta di consapevolezza, nel tentativo di rendere i politici e la politica più responsabili. Questa è una cosa buona. Ma quello che Anna Hazare e Baba Ramdev ["guru" e leader dell'anti-corruzione, ndr] hanno fatto è molto, molto pericoloso. E non sorprende che l'attacco alla politica avvenga proprio quando la democrazia è diventata più diffusa, la gente parla più dialetti e tribali e membri di caste inferiori sono entrati in politica. È interessante notare che prima, quando in politica vi erano solo membri di caste superiori - ma ugualmente corrotti -, non esistevano movimenti simili. Quando il governo ha accolto anche altre persone, ecco che si è creato questo sentimento di anti-politica. Questo è l'elemento antidemocratico. Il nostro establishment non riuscirà a liberarsi di questo problema da solo, ma è probabile che la grande attenzione dei media a questi scandali costringerà la classe politica a rivedere il proprio comportamento. E se le persone mantengono la loro fiducia nelle istituzioni politiche, allora il problema può davvero essere risolto attraverso un processo democratico.

Spiritualità e religione hanno ancora un valore in India? E da cosa nascono le violenze che spesso vedono cristiani e minoranze vittime dei nazionalisti indù?

I massacri del Gujarat e i pogrom dell'Orissa sono gli esempi più eclatanti. Il problema in Gujarat è che si è creato un vero e proprio meccanismo di Stato, che aiuta e sostiene i nazionalisti indù. Questo è molto, molto pericoloso, e i risultati si vedono ancora oggi. In Gujarat le minoranze si sentono cittadini di seconda classe, non godono di pieni diritti e vivono come fossero sospettati di essere agenti infiltrati dal Pakistan. Narendra Modi [chief minister dello Stato, ritenuto responsabile dei massacri del 2002 dalle vittime, ndr] continua ad avere un forte sostegno: dopo le stragi è stato rieletto capo del governo, e potrebbe correre alle prossime elezioni generali (2014) per il posto di primo ministro. Egli presenta lo Stato come modello di sviluppo, ma al tempo stesso continua a esprimere la propria opposizione alle minoranze. È una combinazione molto tossica.

Dalla religione, la gente trae valori come l'armonia e la coesistenza pacifica, e la maggior parte non ha nulla a che vedere con queste violenze. Quanti sono invischiati con la politica e desiderano maggiore potere, sfruttano la religione a loro vantaggio. Così, non è più la religione come fede, ma come strumento per ottenere potere. È un uso della religione meschino, molto cinico, che non ha nulla a che fare col credere, con il praticare la propria fede, con questioni di tipo teologico. È solo una questione di identità, ed è quello che il Bharatiya Janata Party (Bjp, partito ultranazionalista indù che sostiene movimenti violenti) usa per restare al potere. 

 

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Non solo carezze per Pechino
06/12/2004
Leader cristiano: Felici per la liberazione di Bosusco. Ora il governo pensi ai tribali
12/04/2012
Attivista indiano: Lo Yatra anticorruzione del Bjp vuole colpire i dalit cristiani
14/10/2011
Paul Bhatti: Nonostante le minacce, continuiamo l’opera di Shahbaz per la pace in Pakistan
11/02/2014
Card. Gracias: La Chiesa in India prega per la cara popolazione dell’Aquila, ora nella Passione
09/04/2009


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”