05/11/2015, 00.00
INDIA
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Infermieri cattolici in India, “custodi della vita” contro la moderna “cultura della morte”

di Nirmala Carvalho
Dal 31 ottobre al 2 novembre si è svolto a Mumbai il Convegno annuale degli infermieri cattolici nel mondo. Il tema: “Le sfide della cura e della compassione nel servizio alla vita”. “Le nostre cure sono la continuazione [dell’opera] di Dio che ci ha donato la vita. Condividiamo il lavoro pastorale e la missione evangelizzatrice della Chiesa”. L’attenzione ai più vulnerabili, la proclamazione del ‘Vangelo della Vita’ e la sua difesa dalla nascita alla morte naturale.

Mumbai (AsiaNews) – Fin dalla sua creazione, “la Chiesa cattolica ha lavorato al servizio dei malati, di chi soffre e dei moribondi. Per questo la Chiesa è impegnata in azioni costruttive che sostengono la dignità e l’onore come valori connaturati alla vita umana” e, sempre per lo stesso motivo, “gli infermieri cattolici e il personale sanitario che lavora negli ospedali sparsi in tutta l’India possono essere considerati ‘guardiani della vita’, contro la ‘cultura della morte’”. Lo afferma la dichiarazione finale del Convegno nazionale degli infermieri cattolici che si è svolto a Mumbai dal 31 ottobre al 2 novembre, secondo cui gli operatori medici cattolici sono “il simbolo dell’apostolato curativo della Chiesa” nel mondo.

L’incontro del Catholic Nurses Guild (Cng, sindacato degli infermieri cattolici) è arrivato alla 20ma edizione. Quest’anno il tema era “Le sfide della cura e della compassione nel servizio alla vita”. Nella città indiana si sono radunati 325 infermieri provenienti da 46 diocesi dell’India, in rappresentanza degli 11mila membri del Cng. A guidare i lavori, il nunzio apostolico, cinque vescovi, 16 sacerdoti ed esperti in campo medico. Nei giorni scorsi AsiaNews ha anche raccolto la testimonianza di Theresa Cheong, presidente per l’Asia del Comitato internazionale delle Organizzazioni associate degli infermieri e medici cattolici nel mondo (Ciciams), presente all’incontro.

Nella documento finale gli operatori cattolici ricordano che “la missione di Gesù era rendere la vita umana piena di speranza e soddisfatta. Egli è venuto tra noi affinchè noi potessimo avere la vita e vivere in abbondanza (Giovanni 10:10). E in questa vita abbondante, la visione di guarigione di Gesù ha un ruolo importante nel suo ministero”. Gesù infatti ha “inviato i suoi discepoli ‘per curare ogni male e infermità (Matteo 10:1)”. Quindi, sostengono gli infermieri cattolici, “il coinvolgimento della Chiesa in campo medico risale alla venuta di Cristo” ed è per questo che “le cure degli infermieri sono la continuazione [dell’opera] di Dio che ci ha donato la vita. Attraverso il loro lavoro, essi condividono il lavoro pastorale e la missione evangelizzatrice della Chiesa. Con la cura della vita, la Chiesa proclama il ‘Vangelo della Vita’”.

Durante il convegno sono stati organizzati diversi seminari durante i quali gli operatori sanitari hanno condiviso esperienza di vita e lavorative. Da questi workshop sono emerse le difficoltà della cura quotidiana dei malati, che “si fonda su una serie di principi base: rispetto, compassione, interesse e amore, dolcezza ed empatia” e sul concetto che “ci si deve prendere cura della persona intera, non solo della sua malattia”.

Negli incontri è anche emerso come nella società attuale prevalga la “cultura della morte”. La vita umana, sostengono i partecipanti, “è minacciata anche prima della morte. L’aborto è dilagante in tutto il mondo. La fecondazione in vitro comporta la distruzione volontaria di embrioni umani. La maternità surrogata [per cui l’India è una meta privilegiatandr] separa alla nascita il bambino dall’abbraccio affettuoso di una madre e di un padre, dal contesto genitoriale che è l’unico in grado di proteggere la nuova vita da mercificazione e sfruttamento”.

Perciò gli infermieri cattolici sono come “protettori della vita” e vogliono “costruire una civiltà dell’amore basata sui valori universali di amore, pace, solidarietà e giustizia”.

Al termine della dichiarazione ribadiscono il loro impegno “a proteggere la vita, in quanto dono prezioso di Dio, e prendersi cura di essa dalla nascita fino alla sua morte naturale; a rafforzare il [loro] spirito di cura compassionevole; ad avere cura in particolar modo degli individui più vulnerabili, come i malati mentali e i disabili, ed evitare ogni discriminazione in base all’orientamento sessuale; a sostenere sia i pazienti che le loro famiglie nel percorso di fine vita”.

Da ultimo, essi ribadiscono che sono “parte della Chiesa che è chiamata a proclamare il Vangelo della vita” e affidano il loro lavoro “nelle mani di Maria, madre della vita”.

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