30/10/2009, 00.00
RUSSIA
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Inguscezia, una seconda Cecenia per il Cremlino

Un conflitto silenzioso si consuma nella repubblica del Caucaso del nord, il posto più violento di tutta la Federazione. Molte le analogie con la Cecenia, per i continui casi di detenzioni illegali, torture ed esecuzioni sommarie. Un mattatoio quotidiano alimentato da corruzione e conflitti fra fondamentalisti islamici e forze di sicurezza russe.
Mosca (AsiaNews) – Imprenditore e attivista per i diritti civili, Maksharip Aushev - ucciso lo scorso 25 ottobre - è l’ultima vittima di un conflitto tanto silenzioso, quanto sanguinoso che si consuma in Inguscezia, nel Caucaso del nord. La piccola repubblica russa è diventata nell’ultimo anno il posto più violento di tutta la Federazione e c’è già chi ormai la considera una seconda Cecenia.
 
Detenzioni illegali, torture ed esecuzioni sommarie, i crimini in Inguscezia rievocano le migliaia di casi di sparizioni forzate e omicidi che hanno afflitto la Cecenia per più di un decennio, come denunciava questa estate Human Rights Watch nel suo ultimo rapporto sulla regione.
 
Domenica scorsa Aushev era alla guida della sua auto vicino alla città di Nalchik, quando il mezzo è stato raggiunto da una raffica di colpi. L’uomo  aveva criticato duramente l'ex presidente della regione, Murat Zyazikov, ex agente del Kgb e alleato di Putin, ma inviso alla popolazione per la corruzione diffusa della sua amministrazione; era invece in buoni rapporti con Yunus-Bek Yevkurov, il politico che (su nomina del Cremlino) ha preso il posto di Zyazikov un anno fa. Ma anche Yevkurov, nel giugno scorso, è stato bersaglio di un grave attentato kamikaze che lo ha ridotto in fin di vita.
 
Gli attacchi nelle regioni del Caucaso del Nord, sotto il controllo di Mosca, sono aumentati dall’inizio del 2009. Una corruzione endemica, innestata sul conflitto tra i militanti dell’estremismo islamico e le forze di sicurezza russe impegnate nelle operazioni anti-terrorismo, ha trasformato la zona in un mattatoio quotidiano. L’Inguscezia è rimasta fuori dalle due recenti guerre della Russia contro gli indipendentisti ceceni, ma questo non ha evitato che la violenza dilagasse dentro i suoi confini. Con una Cecenia dichiarata “pacificata” dal Cremlino, i ribelli hanno trasformato la guerra indipendentista in jihad per l’instaurazione di un emirato del Caucaso, retto sulla sharia e comprendente anche le altre repubbliche islamiche confinanti.
 
Le vittime delle forze federali
 
In Inguscezia la causa della guerra santa trova terreno fertile nel malcontento della popolazione, in continua crescita da quando nel 2002 l’allora presidente Vladimir Putin installa l’impopolare Zyazikov. Durante il suo governo la regione diventa un vero e proprio Far West e per di più economicamente poverissima. Secondo il gruppo locale per i diritti umani Mashr, è stato proprio da allora che ogni cittadino anche solo sospetto di opporsi al regime ha iniziato a ricevere “visite” dalle forze di sicurezza. Mashr stima che solo nel 2008 siano state 212 le persone uccise; mentre da gennaio all’agosto di quest’anno già si erano superate le 200 vittime.
 
Gli attivisti e la società civile puntano il dito contro le forze federali e i militari russi, responsabili dell’escalation di esecuzioni sommarie e sparizioni di cittadini innocenti. Le detenzioni illegali e le uccisioni spesso hanno luogo nel corso di “operazioni speciali”, che assomigliano ai rastrellamenti e alle incursioni mirate viste in Cecenia. Gli agenti fanno irruzione nelle abitazioni private; senza alcuna spiegazione prelevano padri di famiglia e giovani; li uccidono, spacciandoli poi per ribelli, ma non sono altro che trofei da portare in dono a un Cremlino sempre più assetato di successi contro gli insorti. Alla gran parte delle esecuzioni sommarie non fa seguito alcuna indagine e i familiari delle vittime non ottengono mai giustizia.
 
E quelle dei terroristi islamici
 
Ma le violenze delle forze anti-terrorismo sono solo un aspetto del dramma inguscio. Negli ultimi sette anni, i militanti islamici hanno ucciso oltre 200 poliziotti, soldati e funzionari di governo. L’attentato più grave è stato lo scorso agosto, quando un kamikaze esploso nella stazione di polizia di Nazran, la principale città inguscia, ha ucciso 24 persone e ferite oltre 160. Nel mirino dei fondamentalisti, però, sono finiti anche tutti quei civili ritenuti “offensivi dell’islam”. Come, ad esempio, coloro che vendono alcol. Di recente due anziane sorelle sono state uccise nel loro villaggio perché gestivano un chiosco di alcolici. (MAl)
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