19/01/2011, 00.00
IRAQ
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Iraq: brogli, insicurezza, scontri etnici e petrolio frenano il censimento

di Layla Yousif Rahema
La popolazione teme una strumentalizzazione politica da parte dei gruppi etnici più forti. A Kirkuk, arabi e turkmeni temono brogli dei funzionari curdi per il controllo dei giacimenti. Potrebbero modificare il censimento a loro vantaggio facendo risultare in maggioranza la comunità curda.

Baghdad (AsiaNews) – L’Iraq aspetta ancora il suo censimento. Annunciato e posticipato già due volte, il primo censimento generale nel Paese dal 1997 sembrava potersi concretizzare dopo la formazione del nuovo governo seguito alle elezioni del marzo 2010. Eppure, ad oggi, una data non è stata neppure annunciata.

Il premier Nuri al Maliki, prima di essere riconfermato primo ministro, aveva assicurato il rispetto del 24 ottobre in tutte e 18 le province irachene, nonostante  i rischi ventilati da molti che il conteggio della popolazione possa essere strumentalizzato politicamente in un Paese fortemente diviso su linee etniche.

Alcune province, proprio per questo, hanno da subito annunciato il boicottaggio del censimento. La provincia di Diyala, una delle più turbolente dell’Iraq con capoluogo Baquba, ha accettato. In questa zona vive una consistente minoranza curda. 

Kirkuk e Niniveh, invece, di cui Mosul è capoluogo, si dicono favorevoli al censimento solo se le forze governative avranno il pieno controllo dell’area. Kirkuk e gran parte di Niniveh sono controllate al momento dalle milizie curde dei peshmerga e le popolazioni arabe temono che i curdi possano usarle per influenzare il risultato del censimento.

Secondo Mahdi al-Allak, capo dell’Ufficio Statistiche nazionale, il posticipo continuo del censimento “non è un problema tecnico, ma politico”. Lo stesso al-Allak racconta che i funzionari provinciali non acconsentiranno mai al censimento se prima i peshmerga non verranno rimpiazzati dall’esercito nazionale.

Ci sono anche screzi sui moduli da compilare. Arabi e turkmeni a Kirkuk, fortemente contrari alla presenza delle milizie curde, vorrebbero che il formulario fosse compilato in modo da non poter facilitare brogli. Quello che preoccupa di più è la colonna della nazionalità che i peshmerga e funzionari curdi potrebbero modificare a loro vantaggio facendo risultare in maggioranza la comunità curda.  

La situazione più tesa rimane quella di Kirkuk. La provincia, ricca di petrolio e multietnica, è da sempre contesa tra arabi, turcomanni e curdi. Il censimento rappresenta un passo fondamentale nell’ottica curda per arrivare alla desiderata annessione. La conta della popolazione  è prevista dall’Articolo 140 della Costituzione, come preludio al referendum che dovrà decidere lo status di Kirkuk: cioè se la città sarà annessa al Kurdistan o farà parte di una provincia sotto l’amministrazione del governo di Baghdad. Gli interessi in gioco, però, sono alti e così da quattro anni il voto popolare viene continuamente rimandato. Il problema è legato alle risorse energetiche. Kirkuk si sviluppa sul secondo giacimento petrolifero dell’Iraq e possiede il 70% dei depositi di gas naturale della nazione. Il rischio è che se il referendum affidasse ai curdi l’amministrazione della città, questi disporrebbero di una risorsa vitale e sufficiente a garantire una loro eventuale indipendenza dal resto del Paese.

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