04/09/2017, 17.17
INDONESIA
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Islamisti sollevano il caso Rohingya contro il presidente Widodo e i buddisti indonesiani

di Mathias Hariyadi

I buddisti di etnia cinese accusati di essere conniventi con i correligionari in Myanmar. Manifestazioni di protesta in tutto il Paese. L’amministrazione Widodo accusata di violazioni dei diritti dei musulmani Rohingya. Il presidente invia il ministro degli esteri in Myanmar e Bangladesh in missione umanitaria. L’ambasciatore indonesiano in Myanmar: “Non è genocidio”.

Jakarta (AsiaNews) – Per la maggior parte dei musulmani estremisti indonesiani, senza prospettive e conoscenze di larghe vedute, la questione dei Rohingya in Myanmar sta diventando una questione “calda”. Con l’intento di creare “tensioni” tra diverse comunità religiose in Indonesia, soprattutto tra musulmani radicali e buddisti di etnia cinese, gli estremisti sfruttano questo tema “caldo” per fini politici e ne fanno una questione settaria. Essi affermano che i buddisti birmani stanno creando dei 'campi di sterminio' contro la minoranza musulmana dei Rohingya.

Attraverso questa “falsa” conoscenza di ciò che è davvero accaduto nello Sato birmano di Rakhine, questi estremisti indonesiani incitano all'odio contro i buddisti indonesiani e allo stesso tempo organizzano manifestazione di massa in tutto il Paese.

Un raduno nazionale dei gruppi radicali è in fase di organizzazione a Borobudur, nella reggenza di Magelang (Central Java), presso il tempio buddista più grande del mondo riconosciuto dall’Unesco; un altro presso l'ambasciata del Myanmar, nel centro di Jakarta.

Lo scorso 2 settembre, decine di manifestanti sono accorsi davanti l’ambasciata del Myanmar a Jakarta per chiedere il ritiro del premio Nobel per la pace conferito ad Aung San Suu Kyi nel 1991. I dimostranti hanno accusato l’amministrazione Widodo di essere coinvolta in maniera diretta nelle violazioni dei diritti umani verso i musulmani Rohingya. Le proteste sono proseguite anche il giorno seguente nel centro di Jakarta prima e presso la sede diplomatica poi, sfociando nel lancio di una bomba molotov sulla facciata dell’edificio. L’incidente non ha causato vittime ma a provocato la dura condanna da parte delle autorità.

Per rispondere alle crescenti tensioni nel Paese, ieri sera il presidente indonesiano Joko “Jokowi” Widodo ha rilasciato alcune dichiarazioni ufficiali sulla rapida risposta della nazione alla crisi in  Myanmar (foto1).

Alla presenza dei ministri Wiranto e Pratikno, il presidene ha dichiarato: “Anzitutto, ci rammarichiamo di esser venuti a conoscenza delle violenze nella provincia di Rakhine, in Myanmar. Ma ciò di cui abbiamo bisogno ora non è trovare il colpevole, ma azioni reali per aiutare e porre fine alla crisi. Il governo indonesiano si impegna a ridurre al minimo la crisi umanitaria ed a coordinarsi con la società civile indonesiana e con la comunità internazionale per affrontare questo problema”.

“Ho inviato il ministro degli Esteri Retno Marsudi – ha proseguito Widodo – in visita in Myanmar e Bangladesh (foto2), per incontrare personalità locali di alto profilo, discutere la questione e trovare le migliori soluzioni. Jakarta ha anche intrattenuto un intenso dialogo con il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e con Kofi Annan, inviato speciale dell'Onu per il Rakhine”.

Negli incontri strategici con le autorità del Myanmar, ha spiegato il presidente, il ministro indonesiano chiederà a Yangon un maggiore accesso agli aiuti umanitari per i Rohingya sfollati. “L'Indonesia ha inviato forniture mediche e alimentari a partire dal gennaio 2017”, ha dichiarato il presidente.

“Siamo anche riusciti ad istituire nel Rakhine una scuola pubblica e un ospedale, che saranno operativi dal prossimo ottobre", ha dichiarato Widodo, aggiungendo che Jakarta ha prestato assistenza agli sfollati in speciali campi profughi. Il presidente ha infine dichiarato che questa crisi umanitaria deve esser fermata e risolta in maniera rapida.

Alcuni politici indonesiani hanno criticato con forza l’organizzazione della protesta di massa a Borobudur, per mostrare la rabbia contro il popolo buddista in Indonesia. Essi hanno detto che ciò che è accaduto in Myanmar non è un problema religioso, bensì politico. La polizia indonesiana non ha rilasciato alcuna autorizzazione per questa manifestazione.

In precedenza, l'ambasciatore indonesiano in Myanmar, l’ex generale della polizia Ito Sumardi, ha respinto ogni accusa da parte della comunità internazionale e degli indonesiani che nello Stato di Rakhine sia stato progettato un “genocidio”. Su ciò che è accaduto in Rakhine, vi è stata una “falsa” informazione, diffusa poi nel mondo  dai media.

“Le loro informazioni di base non sono vere e non si basano sui fatti reali nel territorio”, ha dichiarato l’ex capo della polizia, in risposta a quanto scritto da Republika, quotidiano islamico di Jakarta. “Questa falsa informazione sta diventando un'opinione pubblica che ha spinto le persone a reagire alla questione in maniera troppo emotiva”.

Il popolo indonesiano, sostiene Sumardi, dovrebbe riconoscere la difficile posizione in cui si trova il  Myanmar, che sta diventando una nuova nazione moderna e democratica dopo decenni di regime autoritario.

La violenze nel Rakhine sono scoppiate dopo che gli estremisti locali hanno lanciato una serie di attacchi a 30 postazioni della polizia e dell’esercito, che hanno causato la morte di 12 persone. Tuttavia, essi hanno attaccato anche la gente comune.

Le autorità del Myanmar hanno disposto lo stato di polizia e hanno incontrato le resistenze dell’Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa), che hanno provocato un gran numero di rifugiati, sia tra i Rohingya del nord Rakhine che tra le comunità locali. 

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