09/07/2008, 00.00
SRI LANKA
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Jaffna: Il governo allenta il coprifuoco, resta il problema sicurezza

di Melani Manel Perera
La denuncia in una nota della commissione diocesana di Giustizia e pace, che elenca i problemi da risolvere con maggiore urgenza. La penisola settentrionale da quasi 25 anni è teatro di una sanguinosa guerra fra esercito e tigri tamil, che miete vittime soprattutto fra la popolazione civile

Colombo (AsiaNews) – Il livello generale di sicurezza sembra migliorare, le ore in cui vige il coprifuoco sono diminuite, ma restano ancora molte questioni irrisolte che impediscono alla gente di vivere in tranquillità. Lo afferma in una nota la Commissione di Giustizia e pace della diocesi di Jaffna: la piccola penisola a nord dello Sri Lanka da quasi 25 anni convive con una guerra civile che vede frapposti l’esercito governativo e i ribelli delle Tigri tamil (Ltte) che lottano per l’indipendenza. Nell’agosto 2006 è entrato in vigore il coprifuoco e l’esercito ha deciso di usare le maniere forti contro i guerriglieri, ma questi provvedimenti dettati dall’emergenza non sono serviti a frenare l’escalation di violenze. Per questo la commissione diocesana ha voluto sottolineare le situazioni di disagio per i cittadini e le violazioni ai diritti umani, a dispetto dell’indifferenza generale mostrata dalla comunità internazionale:

La crisi dei pescatori

La pesca nella laguna di Jaffna è stata riaperta, ma sono aumentate le restrizioni: è consentita per 6/7 ore al giorno a partire dalle 8 del mattino, ma ai pescatori è vietato portare cibo o vettovaglie a bordo delle imbarcazioni; non possono utilizzare un tipo di rete utile per raccogliere ingenti quantitativi di pescato ed è bandita la pesca notturna. Tutte normative che servono per mantenere l’ordine e la sicurezza, ma che finiscono con lo stravolgere il ritmo e le abitudini degli uomini di mare, abituati a lavorare per lo più di notte quando il pesce abbocca con maggiore facilità. vietato anche l’uso di maschere da sub. I pescatori denunciano un clima di crescente ostilità, tanto da considerarsi dei “nemici” per come vengono trattati.

Torture

Bandita dalla comunità internazionale, la tortura è una pratica diffusa in particolare nelle regioni settentrionali del Tenmaradchi e del Valikamam ad opera soprattutto delle tigri tamil. Spesso le vittime non denunciano le violenze cui sono sottoposti per le minacce ricevute o per paura di ritorsioni.

Una crescente crudeltà

Le cronache di crimini efferati sono in continua crescita: le persone vengono sgozzate o decapitate, i loro resti sono gettati via senza alcuna pietà. Violenze che non risparmiano nemmeno donne, vecchi e bambini.

Estorsioni

Essa rappresenta una pratica comune per raccogliere denaro utile a sovvenzionare la lotta armata; quanti si rifiutano di pagare vengono uccisi o sequestrati in attesa del riscatto. A poco serve il presidio delle forze di polizia e il coprifuoco imposto dal governo.

La connivenza dell’India

Dal gigante asiatico arrivano le maggiori forniture di armi a sostegno della lotta fra ribelli e governo: una vergogna, secondo la commissione diocesana, che sottolinea lo spirito di pace e fratellanza promosso dal mahatma Gandhi, padre fondatore dell’India e portabandiera della lotta “non violenta”. Essa, fornendo gli armamenti, si rende colpevole in maniera indiretta del perpetrarsi dei conflitti nella vicina isola, invece di assumere un ruolo di paciere e dirimere le controversie.

La speranza contro ogni speranza

Resta un flebile segnale di speranza: l’India sottolinea che un “riconoscimento dei diritti della popolazione tamil nella zona può servire a dirimere i decennali conflitti etnici”. Per questo la diocesi auspica l’intervento della comunità internazionale, libera da condizionamenti e interessi personali per “garantire una pace stabile e duratura”.

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