16/05/2016, 15.39
INDONESIA
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Jakarta, cresce la “fobia irrazionale” del comunismo

di Mathias Hariyadi

Il partito comunista indonesiano (Pki) è fuori legge dal 1966, dopo che il presidente Suharto ordinò il massacro di migliaia di membri e simpatizzanti. Nonostante l’ideologia marxista sia “morta”, le autorità vietano ogni riunione fra i familiari delle vittime. Attivisti: “Il pugno di ferro nasconde la volontà di non fare luce sui delitti del ‘65”. Scoperte 122 fosse comuni.

 

Jakarta (AsiaNews) – Il comunismo “è morto a livello internazionale e quindi perché la nostra nazione è ancora occupata da questa fobia irrazionale?”. Lo chiede p. Franz Magnis-Suseno, gesuita professore di morale e studioso di Karl Marx, commentando l’atteggiamento di eccessiva paura tenuto dal governo di Jakarta e dalle autorità per un’eventuale revival dell’ideologia marxista nel Paese.

Il Partito comunista indonesiano (Pki) è stato bandito nel 1966, a seguito della caduta del presidente Sukarno e la seguente presa del potere del generale Suharto, che ha determinato una vera e propria carneficina dei membri del Partito e dei suoi simpatizzanti. Essi furono uccisi o rinchiusi in prigione, perseguitati con violenza e brutalità. Si stima che le vittime ammontino a circa 500mila. Altre migliaia furono mandate in esilio.

Nonostante il Pki non si sia mai riorganizzato, le autorità continuano ad impedire e ad interrompere ogni incontro o riunione dei discendenti dei simpatizzanti del partito, compresi gli attivisti della Fondazione di ricerca per le vittime e gli omicidi del 1965 (Ypkp). Un ulteriore giro di vite è stato imposto dopo che un Simposio nazionale tenutosi ad aprile ha riaperto la questione delle vittime delle purghe anti-comuniste. All’inizio di maggio, i membri del Ypkp hanno chiesto di incontrare il ministro della Sicurezza politica e legale Luhut B. Panjaitan per informarlo dell’esistenza di centinaia di fosse comuni utilizzate dai militari di Suharto tra il 1967 e il 1970. Lì sarebbero sepolti migliaia di ex comunisti. L’incontro con il ministro è stato negato.

Bedjo Untung, presidente del Ypkp, ha detto: “Ci sono almeno 122 fosse comuni tra Sumatra e Java, anche se ancora non sono stati identificati tutti gli altri luoghi a Bali e nelle isole Kalimantan. Il numero di comunisti giustiziati in queste isole deve ancora essere confermato, ma noi siamo certi di almeno 14mila vittime appartenenti al Pki”. I dati compilati dal Ypkp verranno sottoposti alla Commissione nazione per i diritti umani (Komnas Ham).

Secondo p.  Magnis-Suseno e altri attivisti, il pugno di ferro di Jakarta contro ogni richiamo al comunismo nasconde la volontà di non fare piena luce sui delitti commessi da Suharto. Hendardi, un attivista, afferma: “Questa fobia e questa caccia al comunista sono volute da coloro che si oppongono alla rivelazione dei retroscena degli incidenti del 1965”.

In accordo con il presidente Joko Widodo, alti quadri dell’esercito hanno annunciato misure restrittive che comprendono il divieto di ogni atto “eccessivo” che abbia un significato politico. In contrasto con questa decisione, alcuni gruppi di giovani hanno deciso di farsi beffe della paura ingiustificata del governo mettendo in vendita magliette con stampato “Pki”, acronimo di “Pecinta Kopi Indonesia” (amanti indonesiani del caffè).

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