03/09/2015, 00.00
INDIA
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Karnataka, la peggiore siccità degli ultimi 40 anni. Gli aiuti della Chiesa cattolica

di Nirmala Carvalho
Gravi danni alle colture per mancanza di piogge monsoniche. Agricoltori poveri emigrano nei centri abitati. Chief minister dello Stato proibisce i congedi per i dipendenti e chiede all’amministrazione di offrire posti di lavoro. Mons. D’Souza: “I cattolici dalit sono quelli che soffrono di più”.

Bangalore (AsiaNews) - La siccità che ha “colpito lo Stato indiano del Karnataka (India centro-occidentale) è la peggiore degli ultimi 40 anni”. A riferirlo è Siddaramamiah, chief minister dello Stato, che ieri ha presieduto la conferenza dei commissari regionali, dei vice commissari e dei funzionari esecutivi del Zilla Panchayats [consiglio distrettuale - ndr] per gestire la mancanza di acqua nel territorio. Mons. Henry D’Souza, vescovo della diocesi di Bellary, commenta ad AsiaNews: “La comunità cristiana, formata in larga parte da dalit, è la più colpita. Aiutiamo i cattolici a beneficiare degli aiuti dello Stato”.

Quella che ha colpito la nazione indiana è la più grave mancanza d’acqua degli ultimi tempi. I dati riportano che gli Stati più interessati sono il Karnataka e il Maharashtra, con diversi distretti che hanno esaurito del tutto le proprie riserve idriche. L’assenza di piogge monsoniche sta causando gravi danni alle coltivazioni, con ripercussioni sulle vite dei lavoratori e delle loro famiglie. Per questo il primo ministro del Karnataka ha disposto un blocco dei congedi per tutti i funzionari amministrativi, tranne nei casi di emergenza. Egli ha anche richiesto di cessare l’invio del personale nei corsi di formazione.

L’alto rappresentante ha sottolineato anche l’importanza di istituire banche alimentari e allevamenti di bovini. Ha chiesto al segretario dello Stato di attuare sanzioni in caso di negligenza da parte dei dipendenti dei taluk [dipartimenti - ndr] e a tutti gli amministratori di aumentare i controlli sanitari per prevenire la diffusione di epidemie.

Mons. D’Souza riferisce che “i più colpiti sono i contadini che non possiedono terreni e i piccoli proprietari di terre. Su 176 talukas, almeno 135 sono in gravi condizioni di siccità”. In questa situazione solo i grandi proprietari terrieri che prendono l’acqua dalle dighe hanno ottenuto il raccolto. Ma anche loro “hanno basse probabilità di ottenere il secondo, perché quest’anno le dighe avevano riserve idriche ridotte della metà”.

Secondo i dati ufficiali del censimento del 2011, nello Stato del Karnataka vivono poco più di 61 milioni di abitanti, di cui circa 35 milioni nelle aree rurali. Il Karnataka State Department of Agriculture riporta poi che nel territorio lavorano 2,1 milioni di piccoli contadini e 67mila grandi proprietari terrieri.

Il prelato aggiunge che “alcuni piccoli agricoltori che hanno seminato durante il periodo di lievi piogge a giugno, adesso hanno perso il raccolto e non possono più piantare semi. Perciò insieme ad altri contadini stanno emigrando in città in cerca di lavoro nei cantieri”. A questo proposito, Siddaramamiah ha invitato gli amministratori a prendere misure adeguate per evitare migrazioni di massa verso i centri abitati, offrendo opportunità di lavoro in base al Mahatma Gandhi Employment Guarantee Scheme [legge sul lavoro indiana, approvata nel 2005 con l’obiettivo di garantire migliori condizioni di vita nelle aree rurali - ndr].

I cattolici poi, conclude il vescovo, “sono in maggioranza dalit (fuori casta) e quindi soffrono in modo particolare la mancanza dei monsoni. La Bellary Diocesan Development Society (Bdds), attraverso i suoi gruppi di auto-aiuto, sta sostenendo i dalit affinchè essi possano beneficiare della protezione sanitaria garantita dalla legge governativa”.

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