05/03/2012, 00.00
INDIA – ITALIA
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Kerala, i due marò andranno subito in prigione

Lo ha stabilito il giudice del tribunale di Kollam. I militari andranno nel carcere di Trivandrum (capitale del Kerala), dove riceveranno un trattamento differenziato “conforme al loro status”. Domani l’udienza che deciderà la giurisdizione del caso. Una manifestazione pacifica di 5mila pescatori per chiedere al governo indiano sicurezza sul mare.

Kollam (AsiaNews) - La corte di Kollam (Kerala) ha stabilito il trasferimento nel carcere di Trivandrum per i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. La sentenza avrà effetto immediato, ma il giudice ha disposto per i militari un trattamento privilegiato, conforme al loro status. Inoltre, la polizia e la direzione del carcere potranno decidere per una diversa forma di custodia, simile a quella di cui hanno goduto fino a oggi. I marò resteranno in prigione per i prossimi 14 giorni. Domani invece il tribunale dovrà affrontare la questione legata alla giurisdizione del caso. Intanto, si attendono i risultati della perizia balistica, a cui hanno partecipato esperti indiani e italiani. I due marò sono gli unici indagati per l'omicidio di Jelestein e Ajai Binki, due pescatori indiani, avvenuta il 15 febbraio scorso al largo delle coste del Kerala.

In questi giorni una nuova polemica ha aumentato la confusione intorno alla vicenda. Ieri la famiglia di Jelestein ha rifiutato di incontrare il sottosegretario italiano agli Esteri Staffan de Mistura. Il segretario si è detto "dispiaciuto", aggiungendo di "comprendere i sentimenti di queste persone" e di aver comunque "pregato per loro e per le due vittime". Secondo alcuni giornali indiani, la Chiesa locale avrebbe "influenzato" la decisione della vedova.

Ad AsiaNews invece, p. Stephen Kulakkayathil, parroco di Quilon ed ex segretario generale del Kerala Latin Region Catholic Council (Klrcc), specifica: "Nessuna personalità della Chiesa locale ha interferito o sta interferendo nella vicenda. De Mistura voleva un incontro strettamente privato. La famiglia della vittima ha avuto paura che la delegazione italiana cercasse un compromesso al di fuori delle aule del tribunale. Così, ha richiesto che l'incontro avvenisse davanti a membri del governo e della diocesi. Questo non è stato possibile, e la visita non è avvenuta".

Intanto, la Chiesa si mobilita per chiedere al governo maggiore sicurezza in mare, dopo che un nuovo incidente ha scosso la comunità di pescatori. Il primo marzo scorso infatti, al largo di Alappuzha una nave cargo non identificata ha urtato il peschereccio Don-1, provocando la morte di due uomini. Dell'intero equipaggio, due sono rimasti feriti e tre sono ancora dispersi. Questa mattina, più di 5mila pescatori hanno manifestato a Neendakara, nella diocesi di Quilon. Presente alla manifestazione, il sacerdote spiega: "Questi incidenti avvenuti ad appena due settimane di distanza l'uno dall'altro, rivelano le condizioni di precarietà e insicurezza in cui i nostri pescatori lavorano. Adesso hanno paura e il governo deve essere forte per i suoi cittadini. Tutto quello che chiedono è sicurezza: poter andare in mare senza rischiare di morire per cause non legate al loro lavoro".

La protesta di oggi è la prima di una serie di proteste pacifiche che Chiesa locale e pescatori hanno pianificato per tutto il mese. Le prossime si terranno il 12 e il 19 marzo prossimi, a Trivandrum e al porto di Kochi. (GM) 

 

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