02/01/2004, 00.00
cambogia
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Khieu Samphan ammette il genocidio cambogiano

Phnom Penh (Asianews) - Per la prima volta un ex leader dei Khmer Rossi ha ammesso l'avvenuto sterminio di 2 milioni di persone sotto il regime di Pol Pot. Khieu  Samphan, l'ex capo della Repubblica Democratica di Kampuchea, ha dichiarato: "Sono meravigliato e mi sto meravigliando del perché i leader hanno ucciso questa gente". La dichiarazione è avvenuta dopo che Khieu Samphan ha visto il film-documentario "S-21: The Khmer Rouge Killing Machine", del regista franco-cambogiano Rithy Panh. " La mia mente è confusa", ha aggiunto Khieu Samphan, "Il mio pensiero sta cambiando dopo la visione del film (…) non pensavo che la gente venisse uccisa per aver rubato una patata per sopravvivere". Finora l'ex leader Khmer Rosso aveva sempre giustificato la sparizione di 2 milioni di cambogiani addossando le responsabilità all'invasione vietnamita del '78. L'ex presidente della Kampuchea ha comunque negato ogni coinvolgimento nel genocidio.

Il film che tanto ha  inquietato l'ex leader dei Khmer Rossi, in generale, è stato accolto dalla gente con indifferenza. Alcuni missionari cattolici in Cambogia hanno detto ad AsiaNews chela gente "vuole dimenticare quanto accaduto nei killing fields ("campi della morte"); vuole costruire un nuovo futuro".

Il tentativo di dimenticare il passato agisce anche nei confronti dell'ONU. Da circa 5 anni le Nazioni Unite hanno varato l'idea di un Tribunale Internazionale che indaghi sui crimini dei Khmer Rossi. La sua attività è però ostacolata dagli attuali leader del governo che temono di essere implicati. Nello stesso tempo, la popolazione preferisce dimenticare piuttosto che aprire di nuovo la ferita degli eccidi. Altri giudicano il tribunale poco obbiettivo.

Intanto gli ex capi dei Khmer Rossi, tutti ultrasettantenni, vivono liberi perché, avendo rinunciato alla lotta, godono  dell'amnistia del 1993. Fra questi ci sono Khieu Samphan e Nou Chea. Essi risiedono in ville controllate da proprie guardie del corpo a Pailin, cittadina a 370 km da Phnom Pehn, nel nord-ovest del paese, trascorrendo in assoluta tranquillità gli ultimi giorni della loro vita. Gli unici ancora sotto custodia militare sin dal 1999 sono Ta Mok, comandante militare dei Khmer Rossi e  Kaing Khek Ieu, soprannominato "Duch", responsabile di atroci torture. Nel 1993, "Duch" si è convertito al Protestantesimo e ora passa le sue giornate a pregare e predicare.  (RZ)

 

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