08/01/2019, 08.59
UCRAINA-RUSSIA
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Kiev, nel giorno di Natale, la nuova Chiesa ortodossa autocefala

di Caterina Zakharova

In occasione dell’importante festa cristiana, il Tomos è arrivato in modo solenne nella cattedrale di Santa Sofia, dove rimarrà esposto per la curiosità e la devozione dei fedeli. Fra famiglie ed amici si vive la divisione eucaristica fra seguaci di Mosca, Kiev, Costantinopoli. Ma vi sono sacerdoti che alla messa pregano per tutte e tre le Chiese. Epifanyj frena sulla contrapposizione russo-ucraina.

Kiev (AsiaNews) - Il Tomos dell’autocefalia, che consacra l’autonomia della Chiesa del patriarcato di Kiev, è arrivato a Kiev ieri 7 gennaio e trasportato nella cattedrale di Santa Sofia, chiesa madre del cristianesimo kieviano (foto 1 e 2).

Proprio nel giorno in cui la Chiesa Ortodossa festeggia il Natale di Gesù, si è festeggiato il documento che vede “nascere” la nuova Chiesa Ortodossa in Ucraina. Il documento rimarrà esposto nella cattedrale per la curiosità e la devozione dei fedeli.

Questa Chiesa nasce dopo un periodo di gestazione non facile, e suscita a est e ad ovest, in Ucraina e in Russia, tante domande sull’ingerenza della politica negli affari della Chiesa. Ma vi sono domande anche sul significato dell’autorità ecclesiastica, sul dolore della divisione (con Mosca) e la gioia dell’unità (fra Chiese ucraine). Ora in Ucraina tra amici ci si guarda chiedendosi: e tu cosa farai? Dove andrai alla liturgia questa domenica? E la domanda è dolorosa, perché se alcuni sono sicuri di voler stare con la Chiesa noeonata, altri non hanno ancora deciso se fare il passo; altri ancora sono rimasti con Mosca, e non necessariamente in virtù di una visione politica. E dopo la decisione di Mosca di rompere la comunione con Costantinopoli, ciò significa che fratelli di fede da tanto tempo insieme, non possono più partecipare alla comunione comune. In ogni caso le strutture sono le strutture, le autorità le autorità, e le regole di una comunità ecclesiale non si possono cambiare a proprio piacimento.

E tuttavia, all’interno di quello che sembra un vicolo cieco fatto di separazioni forzate, di interruzione della comunione eucaristica, tante parrocchie in Ucraina hanno colto l’occasione per riscoprire cosa significhi davvero la comunità. Molti sacerdoti infatti non hanno ancora deciso “da che parte stare”, ma cercano di maturare una decisione insieme ai propri parrocchiani. Molti di loro, durante la liturgia, pregano sia per il patriarca di Mosca, Kirill, che per il metropolita di Kiev, Epifanij, come pure per il patriarca ecumenico Bartolomeo.

Il discorso sfacciatamente “cesaropapista” pronunciato dal Presidente Porošenko a conclusione del Concilio a Kiev, che il 15 dicembre aveva eletto Epifanij come nuovo Metropolita, è stato criticato più che mai, soprattutto in Ucraina: un discorso politico da campagna elettorale di chi canta vittoria contro il nemico. A dispetto della politica che fa i suoi calcoli, lo stesso neo primate Epifanij, durante la celebrazione del Natale in Santa Sofia, davanti al Tomos appena giunto da Costantinopoli, ha cambiato i giochi commemorando tutti i primati delle Chiese Ortodosse autocefale, compreso il Patriarca di Mosca, Kirill. Un segno chiaro da parte di chi, pur affermando il proprio ruolo, dichiara di non voler portare avanti la contrapposizione. Questo gesto fa molto sperare, e sembra voler mettere in pratica le parole dette da Epifanij alla prima conferenza stampa dopo la sua elezione. In quell’occasione egli non ha parlato di scontro con Mosca o di vittoria su Kirill, ma ha detto che la Chiesa deve andare incontro alle persone, che non deve isolarsi, che i sacerdoti devono essere pronti a rispondere alle nuove domande della società, che bisogna far di tutto per evitare la violenza e per promuovere la riconciliazione.

È quello di cui ci ha bisogno questo Paese dove da cinque anni va avanti la guerra, e in una società estremamente differenziata, cerca di trovare un modus vivendi per accoglierle tutte.

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