23/07/2012, 00.00
COREA
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Kim Jong-un "cambia tutto affinché non cambi nulla"

di Joseph Yun Li-sun
Una fonte sudcoreana spiega ad AsiaNews cosa sta succedendo nell'ultimo regime stalinista al mondo: "Le purghe, le nuove nomine e il riassetto dell'economia sono gli strumenti con cui il dittatore cerca di cambiare l'assetto del potere nella nazione. Ma la verità è che teme una sollevazione popolare e la fine del potere oligarchico. Se vuole salvarsi, dialoghi con Seoul".

Seoul (AsiaNews) - Le purghe, gli omicidi mirati e le varie nomine che si sono susseguite negli ultimi giorni a Pyongyang fanno parte di un più ampio piano di rinnovamento economico e sociale della Corea del Nord, l'estremo tentativo del dittatore Kim Jong-un di mantenere al potere un sistema oligarchico e militarizzato. Secondo alcune fonti di AsiaNews del ministero sudcoreano degli Interni, "il dittatore vuole cambiare tutto affinché non cambi nulla. Sa che si trova all'ultimo gradino prima di una rivolta popolare".

Secondo queste fonti, la Corea del Nord si appresta a sperimentare una riforma del settore economico e dell'agricoltura, entrambi in fortissima crisi da anni, dopo che il giovane leader Kim Jong-un e il suo potente zio Jang Sung-taek hanno allontanato il capo delle Forze armate che si opponeva al cambiamento e lo hanno sostituito con un fedelissimo del regime.

Per portare avanti questa esautorazione, l'esecutivo ha creato un ufficio speciale per assumere il controllo dell'economia levandolo così dalle mani dell'esercito (uno dei più grandi del mondo) a cui era stato affidato dallo scomparso leader Kim Jong-il. Il terzogenito Jong-un "sa di non avere il controllo dei militari come suo padre. E sa anche che deve rinnovare l'economia, perché ormai la popolazione è allo stremo".

I circa 23 milioni di cittadini nordcoreani vivono per la maggior parte di agricoltura. Ma questa non basta per la sussistenza di base, dato che i macchinari sono di vecchissima generazione e le condizioni ambientali non aiutano le coltivazioni di grano e mais. Inoltre, la centralizzazione dell'economia agricola ha distrutto l'iniziativa privata.

Una delle prime mosse del presidente Kim Il-sung dopo la presa di potere fu la nazionalizzazione del terreno coltivabile, che fu espropriato ai ricchi proprietari terrieri: nel corso degli anni Cinquanta lo Stato raggruppò quasi tutte le piccole tenute in circa 4mila grandi aziende agricole collettive, ognuna delle quali provvedeva al sostentamento di circa 300 famiglie. Tuttavia, esse non ottennero il successo economico auspicato, in parte a causa delle sfavorevoli condizioni ambientali e in parte a causa della migrazione dei lavoratori agricoli verso i centri industriali.

Inoltre in ogni settore economico, e in particolare nell'industria leggera, la mancanza di finanziamenti stranieri ha impedito l'introduzione di tecnologie avanzate e il Paese non è in grado di comprare le attrezzature di cui necessita per competere con la sempre più ricca Corea del Sud. La carenza di nozioni tecnologiche e un sistema di pianificazione centralizzato e inefficiente inibiscono ulteriormente lo sviluppo del Paese.

Diversi analisti suggeriscono per il futuro della Corea del Nord il "modello cinese": piccole liberalizzazioni da portare avanti anno dopo anno e l'introduzione del sistema capitalista. Ma la fonte di AsiaNews spiega: "Non potrà andare così per un semplice motivo: appena il popolo vedrà che si può vivere, e meglio, senza il regime, lo rovescerà. Se Jong-un vuole cambiare le cose deve smobilitare l'esercito e dialogare con il Sud. Solo così potrà salvare se stesso e il suo Paese".

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