15/07/2009, 00.00
AFGHANISTAN
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L’inferno afghano: per i soldati e la popolazione

AsiaNews ha chiesto a fonti locali la situazione in Afghanistan, 8 anni dopo l’arrivo delle forze occidentali. Ne emerge il quadro di un Paese dove la presenza militare non è sostenuta da un adeguato aiuto per la ricostruzione civile e dove somme ingenti sono sperperate senza aiutare la popolazione.

Kabul (AsiaNews) – “L’inefficienza della macchina della ricostruzione, l’incapacità di gestire i rapporti con la popolazione locale”: sono anche queste le ragioni degli infiniti soldati occidentali morti in Afghanistan, dove sono andati solo per aiutare il Paese a uscire dalla dittatura talebana. Fonti locali raccontano ad AsiaNews la difficile situazione afgana. E spiegano come, forse, tante morti potevano e possono essere evitate.

Il paracadutista Alessandro Di Lisio è il 14° caduto italiano; le vittime tra i soldati occidentali sono centinaia. Ma la popolazione locale appare più preoccupata dei problemi quotidiani, che della ripresa dei talebani che di recente hanno aumentato gli attentati.

In molte zone di Kabul manca l’acqua potabile. E’ forse l’unica capitale mondiale dove l’energia elettrica è razionata; in molti quartieri arriva solo alcune ore al giorno. Molte strade principali sono asfaltate, ma se solo si gira per una strada secondaria si finisce nel fango e tra le fogne a cielo aperto.

Fonti di AsiaNews, che chiedono l’anonimato, spiegano che “è drammatica l’inefficienza della macchina della ricostruzione. Scuole, sanità, assistenza sociale: il Paese è ancora privo di adeguate strutture in tutti i settori decisivi per una democrazia. Non sono problemi militari.”

Secondo dati della Bbc del novembre 2008, la sanità è tra le peggiori del mondo. Si muore anche di dissenteria. L’aspettativa di vita media è di 43 anni, un bambino su 5 muore prima del 5° compleanno. La mortalità materna è circa di uno ogni 50 nascite. Ma il dato è peggiore in alcune province: nel Badahashan c’è una morte ogni 16 nascite.

Dalla caduta dei talebani nel 2001, lo Stato non è riuscito a dare ai lavoratori pensioni, assicurazioni per gli infortuni, spesso non ci sono nemmeno regolari contratti di lavoro.

Oltre 4,2 milioni di bambini sono tornati a scuola, oltre il 35% degli scolari sono bambine e ragazze e sono dati importanti, dopo che i talebani avevano vietato alla donne di andare a scuola e visto che i due terzi di chi ha più di 15 anni non sa leggere né scrivere. Ma la situazione appare meno buona se si considera che lo Stato ha costruito poche nuove scuole.

I gruppi privati sono molto attivi e hanno creato molte nuove strutture scolastiche e sanitarie essenziali. Ma non lo Stato. E anche questi gruppi si concentrano soprattutto nelle grandi città, anche per evidenti ragioni di sicurezza.

“Sembra che tutto sia sempre fermo, che non ci sia un’evoluzione che faccia vedere miglioramenti e porti una speranza concreta”, spiegano le nostre fonti. “Eppure i soldi sono arrivati. Ma sono andati a finire male. Ora, forse, lo stanno comprendendo anche i governi occidentali, che nell’ultimo G8 hanno detto che la ricostruzione va fatta attraverso una collaborazione diretta dei Paesi occidentali, non limitandosi a erogare fondi”.

Un esempio di spreco e corruzione: il governo italiano ha erogato decine di milioni di euro per costruire una strada per andare da Bamiyan al Wardak. Ma Bamiyan era controllata dai talebani e la strada si è “fermata” dopo solo 2 chilometri. I soldi non si sa dove siano finiti. “Magari  - ci dicono – si poteva invece partire da Wardak e andare giù verso Bamiyan”.

La corruzione è diffusa e sono frequenti le accuse anche contro il governo di Karzai. La popolazione è al limite della sussistenza: nel solo 2007 il prezzo del grano è aumentato del 70% e l’inflazione del 17%. Crescono sempre rapidi i prezzi di idrocarburi e legna, essenziali per riscaldarsi nel freddo inverno. “Però – aggiunge la fonte - la gente vede i funzionari delle Nazioni Unite andare in giro con macchine costose e avere molti impiegati. A Kabul vede lussuose ville crescere come funghi: segno che qualcuno si è arricchito”.

Un ulteriore problema è quello del rapporto con la popolazione locale. Gli afghani sono un popolo orgoglioso, che accetta malvolentieri che altri dicano cosa devono fare, come governare i loro affari. Un effettivo controllo del territorio non è possibile senza il sostegno della popolazione.

“La speranza - concludono le nostre fonti - è che i governi occidentali capiscano, infine, che non basta la presenza militare per aiutare la popolazione ad abbracciare la democrazia”.

Proprio ieri il presidente Usa Barack Obama, in visita in Olanda, si è detto ottimista perché “sempre più l’esercito dell’Afghanistan, la polizia dell’Afghanistan, i tribunali dell’Afghanistan e il governo dell’Afghanistan stanno assumendo responsabilità sempre maggiori per la tutela della loro difesa”.

 

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