13/06/2008, 00.00
CINA
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L’ira di chi ha perso i figli sotto le macerie preoccupa Pechino

Dopo un mese non ci sono risposte, né aiuti alle migliaia di genitori, ma la polizia li caccia dalle scuole crollate e arresta chi li aiuta. Nuove restrizioni per la stampa “per non disturbare” i residenti. Intanto esplodono i primi casi di corruzione per gli aiuti.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Scuole crollate sorvegliate dalla polizia, giornalisti cacciati dalla zona, volontari detenuti e genitori dei bambini morti sempre più furiosi per l’indifferenza e le non-verità delle autorità: a  un mese dal terremoto del 12 maggio le autorità, dopo avere incassato la solidarietà e la simpatia del mondo per la sciagura, cercano di far calare il silenzio sulle responsabilità statali, mentre emergono i primi scandali per la sottrazione dei fondi pro-terremotati.

Da un mese i genitori dei quasi 9mila scolari sepolti sotto le scuole crollate tornano sulle rovine quasi a cercare una risposta che nessuno dà loro. Chiedono un’indagine per sapere se erano costruite male, visto che molti edifici intorno sono rimasti in piedi. Ma le autorità locali prima li hanno invitati alla pazienza, poi li hanno ignorati. Ma da ieri decine di poliziotti circondano le rovine delle scuole a Juyuan, a Dujiangyan, a Wufu e altrove, impedendo l’ingresso ai genitori che ogni giorno qui bruciano incenso e portano fiori, bruciano i vestiti e le scarpe dei figli in una tradizionale espressione di cordoglio. Jing Linzhong, che ha perso il figlio, spiega che per loro è un aiuto psichico “riunirci lì e incontrarci tra noi”.

Già due giorni fa, presso la Scuola media n. 1 di Beichuan la polizia ha arrestato più di 20 volontari intenti a organizzare una cerimonia di commemorazione degli oltre 1.000 studenti morti.

Infuriati, ieri oltre 200 genitori hanno bloccato la strada che porta a Beichuan, chiedendo “solo risposte”. La loro ira fa paura perché, come dice Wang Ping che ha perso la figlia di 16 anni: “tutte le nostre speranze erano i figli. Ora siamo come morti. Senza futuro”.

Intanto ieri l’Ufficio nazionale per i controlli ha rivelato 3 casi di funzionari che si sono appropriati dei fondi destinati agli aiuti, provenienti da donazioni, per centinaia di migliaia di yuan.

Pechino caccia dalla zona i giornalisti, rei di prestare più attenzione a queste tragedie e alla corruzione che a glorificare la pronta risposta delle autorità al sisma. Wang Guoqing, vicedirettore per il settore notizie del gabinetto di governo, l’11 giugno ha insistito che “la nostra porta è aperta. Non verrà chiusa” ai media. Ma ieri a Dujaingyan la polizia ha portato via e trattenuto per un poco il reporter della British Broadcasting Corporation James Reynolds e altri 5 giornalisti che hanno cercato di avvicinare i genitori riuniti presso la Scuola Media n. 1 per commemorare il terremoto. Da oggi sono entrati in vigore i nuovi permessi per la zona del terremoto: sono molti di meno di quelli rilasciati un mese fa e Wang spiega che le nuove limitazioni rispondono a “esigenze di sicurezza” e vogliono “evitare disturbi ai residenti”, magari ai genitori degli studenti morti. Già il 9 giugno il ministero della Pubblica sicurezza  ha ordinato alla polizia quale priorità “la protezione della vita e l’ordine sociale” nella zona del terremoto, con chiaro divieto di ogni manifestazione pubblica.

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