05/01/2019, 08.00
CINA
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L’economia cinese sarà atterrata dalla demografia, non dagli Usa

di Wang Zhicheng

Dal 2000 al 2016, il tasso di fertilità in Cina è stato in media dell’1,18, fra i più bassi al mondo. La situazione è simile a quella del Giappone negli anni ’90, che è passato da una crisi demografica a una economica. Con l’aumento degli anziani e la mancanza di reti sociali si prevede una “catastrofe umanitaria”.

Pechino (AsiaNews) – La Cina si prepara a una crisi economica. Essa non sarà prodotta dai dazi degli Stati Uniti, bensì dalla demografia. E il colpo è stato auto-inferto grazie alla politica del figlio unico che per oltre 30 anni ha dominato nel Paese. E anche se dal 2016 il governo per mette alle coppie di avere fino a due figli, i cinesi sono ormai restii ad avere perfino un solo figlio. Dal 2000 al 2016, il tasso di fertilità in Cina è stato in media dell’1,18, il più basso al mondo.

Questo fenomeno produce due problemi: si riduce la popolazione e (perciò) anche la forza lavoro; allo stesso tempo, aumenta la percentuale di anziani. L’anno scorso nel Paese vi sono state 2,5 milioni di nascite in meno e la popolazione è scesa di 1,27 milioni.

Secondo Yi Fuxian, scienziato alla University of Wisconsin-Madison, la situazione della Cina attuale è simile a quella del Giappone negli anni ’90. In quel periodo, il Paese del Sol levante è stato investito da una crisi demografica con un’età media di 38,5 anni e il numero di ultra65enni accresciuto del 18%. Il declino di giovani nella forza lavoro ha portato a una riduzione delle manifatture e dell’industria; il loro invecchiamento ha generato un declino nella produzione e nell’innovazione. In tal modo, dalla crisi demografica si è passati a una crisi economica. Il risultato è stato che la percentuale di manufatti giapponesi nell’export globale è scesa dal 12,5% nel 1993 al 5,2% nel 2017.

Un aumento degli anziani porta a una riduzione dei risparmi. Dal 1991 al 2016, il risparmio in Giappone è sceso dal 35,7% (nel 1991) al 24,5% (nel 2016). Va detto poi che l’incremento degli anziani porta a una crescita delle spese mediche e pensionistiche, aumentando il debito statale.

In percentuale di Pil (prodotto interno lordo), le spese per la sanità in Giappone sono aumentate dal 4,4% all’8,6 nel 2014; le spese per la pensione dal 4,9 (nel 1991) al 10,2 (nel 2013); il debito statale è cresciuto dal 63% (nel 1991) al 236% nel 2016.

Per Yi Fuxin, la Cina di oggi sta ricalcando passo passo il Giappone degli anni ’90. E siccome allora il tasso di fecondità in Giappone era di 1,42, mentre quello cinese attuale è più basso, ciò significa che la crisi di Pechino sarà ancora più dura di quella di Tokyo.

Le prospettive non sono tranquille. Nel 2015 la Cina aveva 6,9 lavoratori di età fra 20 e 64 anni, che sostenevano un anziano di 65 anni o più. Nel 2030 ci dovrebbero essere 3,6 lavoratori per anziano e nel 2050 solo 1,7 lavoratori. Poiché nel Paese non vi sono reti di sicurezza sociale o familiari, la crisi evolverà “in una catastrofe umanitaria” e siccome le donne vivono più degli uomini, la crisi sarà sofferta soprattutto dalle donne.

Gli Stati Uniti hanno una situazione più positiva. Nel 2018 l’età media negli Usa è stata di 38 anni; nel 2030 sarà 40; nel 2050 sarà 44. Invece in Cina i valori sono: 40 anni nel 2018; 46 nel 2030; 56 nel 2050. Siccome l’età dell’innovazione è calcolata fino ai 39 anni, è chiaro che se la Cina oggi riesce ancora a produrre e inventare e a competere con gli Usa, nel prossimo futuro la sua innovazione sarà stagnante.

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