04/06/2012, 00.00
SIRIA - LIBANO
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L'Europa fa pressione su Putin perché convinca Assad a lasciare

La questione siriana al centro dell'incontro di oggi a Mosca tra i leader dell'Unione e il presidente russo. Damasco continua ad accusare un "complotto esterno" per quanto sta accadendo nel Paese. Timori che ci sia la mano di Assad dietro agli scontri avvenuti a Tripoli, in Libano, tra un quartiere sunnita e uno alawita.

Beirut (AsiaNews) - L'Europa fa pressioni sulla Russia, perché convinca il presidente siriano a ritirarsi o quanto meno a rispettare il piano di pacificazione di Kofi Annan, ma Bashar al-Assad continua ad accusare "forze esterne" per la crisi del suo Paese, che rischia di estendersi anche al vicino Libano. Va avanti su più piani quello che appare sempre più come un minaccioso inizio di una guerra civile che potrebbe infiammare l'intera regione.

E' nel timore di tale prospettiva che oggi il presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso, quello del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy e la responsabile della politica estera europea, Catherine Ashton, cercheranno di convincere il presidente russo, Vladimir Putin a modificare la linea di totale appoggio al regime siriano. I leader europei dovrebbero discutere con il rieletto presidente russo anche della questione del nucleare iraniano, oltre che di rapporti bilaterali.

Sul fronte del regime siriano, nulla appare cambiare: è di ieri il discorso di Assad al neoeletto Parlamento, nel quale il presidente ha sostenuto che nella crisi del suo Paese bisogna "distinguere tra problema politico e terrorismo". Continuando a negare le responsabilità del regime, è tornato a dire che la Siria si trova di fronte a "un complotto che mira a distruggere il Paese" e che produce "una escalation di terrorismo nonostante le riforme". Assad ha anche negato ogni responsabilità nella strage di Houla, malgrado la opposta convinzione della comunità internazionale, concretizzatasi, tre giorni fa, nella condanna di Damasco da parte del Consiglio per i diritti umani.

Ad accrescere le preoccupazioni, contribuisce anche quanto sta accadendo in questi giorni a Tripoli, principale città del nord del Libano. Stamane vi regna una debole calma, grazie all'intervento dell'esercito e delle forze di sicurezza, che si sono schierati (nella foto) tra i quartieri di Bab al Tabbaneh, sunnita e nemico di Assad e Jabal Mohesn, alawita, come il presidente siriano. L'intervento ha fatto seguito a scontri che nel fine settimana hanno provocato 14 morti e numerosi feriti. Colpi di arma da fuoco si sono sentiti anche questa notte e si registra un ferito, oggi è stato proclamato uno sciopero generale.

Un parlamentare di Hezbollah, movimento sciita e filosiriano, ha accusato il movimento "14 marzo", sunnita, di "incitamento" delle tensioni e di "violazioni di forze di sicurezza straniere".

Quanto sta accadendo a Tripoli ha fatto parlare il ministro degli esteri saudita Saud al-Faisal di un "allargamento" della crisi siriana, dando in tal modo voce a quanti pensano che Assad stia manovrando in modo da far capire alla comunità internazionale la sua capacità di scatenare una nuova guerra civile in Libano, con conseguenze imprevedibili sull'intero fragile equilibrio regionale. (PD)

 

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