15/09/2011, 00.00
CINA - UE
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La Cina non salva l’economia italiana e il mondo

di Bernardo Cervellera
In molti sperano che Pechino comprerà il debito sovrano di Italia ed Europa. Ma l’economia cinese ha problemi simili a quelli di tutto il mondo: sovrapproduzione, banche sovresposte, dipendenza dalle esportazioni e dagli investimenti stranieri… In più vi è un valore artificiale dello yuan e una manodopera schiavizzata. Per Cina ed Europa è meglio seguire l’insegnamento di Benedetto XVI: centralità dell’uomo nell’economia (e non il massimo profitto) e responsabilità.
Roma (AsiaNews) – Ci pare molto difficile, anzi impossibile, che la Cina possa salvare l’Italia e l’Europa dal baratro del debito sovrano. Nei giorni scorsi, dopo una rivelazione del Financial Times, secondo cui vi erano accordi fra Roma e Pechino perché questa acquistasse buoni del Tesoro italiani, economisti e banchieri hanno levato il loro canto di lode al nuovo salvatore dell’Europa. Anzi vi sono alcuni i quali predicono ormai che la Cina salverà il mondo intero dalla crisi.

Noi non siamo così ottimisti. Anzitutto, il premier Wen Jiabao, parlando al World Economic Forum di Dalian, non è stato troppo entusiasta nel voler pagare i debiti dell’Europa, anche se – con cortesia – ha detto di voler “dare una mano”. In più, egli ha stilato alcune condizioni per avere tali aiuti, fra cui il riconoscimento al Wto (Organizzazione mondiale del commercio) di “piena economia di mercato” per la Cina, insieme alla eliminazione delle barriere doganali, foriere di un’ulteriore invasione di beni cinesi.

Ma sono soprattutto le cifre che ci danno ragione. Se Pechino volesse aiutare l’economia europea e mondiale, dovrebbe lei togliere le barriere doganali a tanti prodotti esteri. Invece, guardando alle cifre del 2010, la bilancia commerciale della Cina verso il resto del mondo è in attivo e si aggira sui 184,4 miliardi di dollari Usa. Per divenire un vero motore contro la crisi, la Cina dovrebbe importare di più e la sua bilancia commerciale andare in negativo. Ma questo comporta per lei il rischio di un aumento della disoccupazione, già molto alta e preoccupante.

È vero, la Cina – avendo oltre 3mila miliardi di dollari in riserve di moneta estera - fa investimenti in diverse parti del mondo. L’Italia e l’Europa potrebbero sperare in qualche briciola. Ma se anche qui si guardano le cifre, ci si accorge che per il 2009 Pechino ha investito all’estero solo 38 miliardi di dollari, mentre il resto del mondo ha investito in Cina ben 106 miliardi di dollari (fonti Unctad). In realtà, dunque, Pechino assorbe investimenti, più che concederli. Soprattutto, il surplus serve più a ricapitalizzare ciclicamente il suo sistema bancario, afflitto da insolvenze.

Sperare che la Cina salvi l’economia mondiale è irrealistico, oltre che non vero. La Cina, infatti, si trova nelle stesse condizioni degli altri Paesi: sovrapproduzione; dipendenza dalle esportazioni; banche sovraesposte; consumi al minimo. Il suo successo dipende troppo dal valore dello yuan, tenuto basso in modo artificiale, e da una manodopera schiavizzata, che mantiene basso il costo del lavoro.

Questa economia “drogata” si è lanciata a costruire faraoniche infrastrutture per aumentare il Prodotto interno lordo, ma senza produrre vera ricchezza: più del 50% delle case e degli uffici costruiti sono attualmente vuoti e nessuno sa chi potrà pagarli.

Altri elementi che mancano all’economia cinese è la fantasia e la creatività. Per secoli la Cina ha ristretto la sua cultura a schemi ripetitivi, soffocati prima dal controllo imperiale e poi comunista. D’altra parte, la creatività ha bisogno di libertà e garanzie dei diritti umani della persona, un altro elemento fortemente mancante ancora oggi.

La Cina è capace di dare grandi spettacoli: le Olimpiadi, l’Expo di Shanghai, i Giochi asiatici… Ma non riesce a risolvere i problemi della sua popolazione: il traffico caotico delle metropoli, l’inquinamento, la qualità della vita della gente, la giustizia per operai e contadini.

Volando a Madrid per la Giornata mondiale della gioventù, ai giornalisti del volo papale, Benedetto XVI ha affermato che “l’uomo dev’essere il centro dell’economia e che l’economia non è da misurare secondo il massimo del profitto, ma secondo il bene di tutti, include responsabilità per l’altro e funziona veramente bene solo se funziona in modo umano, nel rispetto dell’altro”.

La centralità dell’uomo e la responsabilità creativa mancano alla Cina, ma anche all’Europa, che cerca soluzioni scaricando le responsabilità su qualche “salvatore economico”.
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