16/03/2018, 08.55
ISRAELE
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La Corte suprema congela il programma di espulsione dei profughi

Il governo ha tempo fino al 26 marzo per spiegare il piano. La mancata chiarezza sui Paesi in cui i migranti vengono deportati è motivo di insicurezza. Fino alla decisione finale della Corte, Israele non può espellere né arrestare altri richiedenti asilo.

Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) – La Corte suprema israeliana sospende fino a nuovo ordine la deportazione delle decine di migliaia di richiedenti asilo africani che vivono in Israele. La decisione, che dà alle autorità fino al 26 marzo per fornire maggiori informazioni sul programma di espulsione, arriva a seguito di un ricorso presentato da attivisti per i diritti umani.

Il primo gennaio, Israele ha messo in guardia decine di migliaia di richiedenti asilo, avvisandoli che dovranno lasciare “volontariamente” il Paese entro aprile o finiranno in prigione. Il programma per ora riguarda solo gli uomini non sposati. Lo scorso mese, sono stati arrestati i primi profughi che si sono rifiutati di partire. In Israele, ci sono circa 40mila richiedenti asilo provenienti dall’Eritrea e dal Sudan, per lo più arrivati attraverso il Sinai fra il 2005 e il 2012, dove hanno subito torture e violenze.

Alla prima udienza del 12 marzo, il giudice Hanan Melcer ha affermato che le autorità devono chiarare quali siano gli accordi vigenticon i “Paesi terzi” in cui i migranti sono deportati, soprattutto in considerazione che essi – Uganda e Rwanda – negano di aver preso alcun impegno. Per il magistrato, è necessaria chiarezza per tutelare i richiedenti asilo: “Se gli accordi sono infranti, essi possono andare alla corte e mostrare l’accordo. Ma quando le autorità dicono che non c’è accordo, cosa mostreranno?”. La Corte ha anche deciso che il governo non potrà né espellere né trattenere altri richiedenti asilo nella prigione di Saharonim fino a che non sarà presa una decisione definitiva. Tuttavia, quelli che voglio lasciare il Paese “volontariamente” potranno farlo e non è previsto il rilascio dei profughi attualmente in carcere.

Due giorni fa, le autorità hanno chiuso Holot, per quattro anni centro principale di detenzione per migliaia di eritrei e sudanesi. La sua chiusura fa parte della campagna di espulsione.

Il futuro dei migranti che accettano di lasciare il Paese è incerto: diversi richiedenti asilo intervistati dal quotidiano israeliano Haaretz in Rwanda e Uganda hanno affermato che una volta giunti sul posto, gli sono stati sottratti i documenti rilasciati da Israele, non sono stati riconosciuti come rifugiati e hanno avuto estreme difficoltà a trovare un lavoro e una casa. A quanto riferisce l’Unhcr – agenzia Onu per i rifugiati, molto critica verso la misura – molti di loro sono ripartiti in un secondo pericolo viaggio, questa volta verso l’Europa.

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