11/07/2005, 00.00
GIAPPONE-GRAN BRETAGNA
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La condanna del Giappone agli attentati di Londra

di Pino Cazzaniga

Tokyo (AsiaNews) - La mattina del barbarico attacco terroristico a Londra il primo ministro del Giappone, Junichiro Koizumi, si trovava a Gleneagles, in Scozia, per il vertice del gruppo delle nazioni dei G-8. La sua condanna della proditoria azione è stata immediata e limpida: "Gli atti di terrorismo non si possono mai perdonare. Sono furibondo. Offro il mio pieno sostegno al primo ministro britannico Tony Blair nell'impegno di non indietreggiare mai di fronte al terrorismo". In patria gli hanno fatto coro i responsabili degli organi governativi e i rappresentanti dei partiti politici, opposizione compresa.

Tuttavia c'è un'antica responsabilità storica che i media giapponesi hanno sottaciuto. Il termine "kamikaze", frequentemente citato dai giornalisti occidentali per indicare lo sconcertante fenomeno delle "bombe umane" degli indottrinati giovani di al-Qaida, e' di conio giapponese. La parola "kamikaze" ("vento divino") - originariamente usata per indicare un violento tifone che verso la fine del secolo XIII ha distrutto la flotta dei mongoli che tentavano di invadere l'arcipelago - 60 anni fa è diventata sinonimo dei giovani piloti giapponesi che, volenti o nolenti, si suicidavano nello schianto dei loro piccoli aerei carichi di esplosivo contro le corazzate americane.

Le 3 micidiali esplosioni sui convogli della metro di Londra hanno poi un perfetto riscontro negli attentati al gas sarin da parte di membri della delirante setta Aum Shinrikyo su quelli della metropolitana di Tokyo precisamente 10 anni fa. Precedenti tenebrosi che macchiano ma non distruggono l'onore di un popolo che negli ultimi decenni ha molto contribuito alla pace e al benessere dell'umanità.

Sostanzialmente positiva e costruttiva è stata la reazione del pubblico giapponese alle notizie sugli attentati di Londra, grazie anche al senso di responsabilità dei migliori analisti. Il direttore dell'Asahi Shimbun, che già due anni fa all'inizio della guerra contro l'Iraq aveva messo in guardia dal considerarla una guerra di religione, ha esortato i lettori a evitare il corto circuito dell'associazione attentati terroristici-religione. Lo ha fatto citando la dichiarazione di Blair là dove dice che "la stragrande maggioranza del milione e mezzo di musulmani che vivono nel Regno Unito osservano accuratamente le leggi e come noi ritengono abominevoli gli atti terroritici".

L'esortazione ad evitare confusioni indebite e pericolose è accompagnata da riflessioni circa il significato dell'avvenimento e il futuro dell'umanità.

Alla dichiarazione su internet del "gruppo segreto di Al Qaeda's Jihad in Europa", secondo cui l'invasione dell'Iraq e dell'Afghanistan ha motivato l'attacco terroristico a Londra, i media giapponesi non danno credito. La simultaneità dell'attacco proditorio con il summit economico degli "8 grandi" a Gleneagles (Scozia) fa piuttosto pensare che il vero motivo sia l'avversione verso il mondo ricco e sviluppato. Ma l'odio cieco dei programmatori della morte non ha sostanzialmente interferito nel lavoro dei G-8 per liberare milioni di uomini e donne, specialmente in Africa, dalla povertà e dalle malattie.

Un secondo insegnamento riguarda la sicurezza del mondo. "Fra poco - scrive l'analista dell'Asahi - saranno 4 anni dal 9/11 ma mi domando se il mondo è diventato piu' sicuro di allora". "Gli Stati Uniti – continua - hanno invaso l'Iraq citando come motivo un mondo piu' sicuro per il futuro." Il mondo lo è di meno. Il Giappone trema. Pìu' che l'Italia o la Danimarca, Tokyo è nel mirino dei terroristi. Il governo e i media lo sanno. Gli attacchi a Madrid e a Londra hanno rivelato chiaramente che il "tallone d'Achille" della sicurezza mondiale sono le reti di trasporto di massa delle capitali. Durante le ore di punta milioni di cittadini giapponesi affollano le carrozze dei treni radiali che portano verso il centro della città e di 12 linee della metropolitana. Un attacco simile a quello di Londra sarebbe apocalittico. Le varie agenzie governative di sicurezza, già molto impegnate, stanno alzando la guardia.

Da almeno un decennio è in atto un movimento per la formazione di una "comunita' asiatica", almeno a livello economico. È un segno dei tempi molto positivo. Ma questo fenomeno implica pure spostamento di popolazioni e difficoltà di controllo di immigranti illegali o di "ideologi criminali". Occorre, dicono gli analisti, una strategia globale per  la sicurezza.. Al summit degli 8-G a Gleneagles per la prima volta hanno partecipato come osservatori i premier della Cina e dell'India. Anch'essi, con non minore determinazione degli altri, hanno fatto quadrato attorno al premier inglese nell'impegno di unire le forze per nella lotta contro il terrorismo.

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