02/08/2004, 00.00
COREA DEL SUD – COREA DEL NORD
Invia ad un amico

La "diplomazia silenziosa" di Seoul e i profughi del nord

di Pino Cazzaniga
Sta per nascere una nuova epoca per i rifugiati, a cui collaborano Cina e Chiese cristiane

Seoul (AsiaNews) - "Diamo il benvenuto ai fratelli del nord e apprezziamo la diplomazia silenziosa di Seoul che ha permesso loro di arrivare qui sani e salvi". Così l'editorialista del The Korea Times ha espresso la soddisfazione di molti per l'arrivo a Seoul dei 468 profughi del nord, definito da Pyongyang, "rapimento programmato" dal sud e dai suoi "complici". L'operazione di trasferimento dei fuggitivi è avvenuta grazie alla collaborazione di un "terzo paese" del sud est asiatico che pare abbia posto come condizione una "diplomazia silenziosa". Tentiamo di cogliere il particolare significato dell'avvenimento nella prospettiva dei principali protagonisti.

Il 27 e 28 luglio da due aerei, atterrati in un aeroporto militare alla periferia di Seoul, sono scesi 468 fuggitivi nord coreani, per la maggior parte donne e bambini. Nessun giornalista ha potuto avvicinarli. Una fila di autobus, con tendine tirate, li hanno trasportati direttamente al campo profughi. Il governo non ha dato alcun annuncio dell'operazione né prima né dopo l'arrivo. Si sa solo che gli aerei sono decollati da un paese dell'Asia del sud-est, ma non si sa quale.

La fuga di nord-coreani verso il sud di per sé non è un fatto nuovo. Da quando nel 1953 la penisola è stata divisa in due stati antagonisti, fughe dal nord si sono avute periodicamente ma si è sempre trattato di fuggitivi singoli o di gruppi esigui.. Una fuga così cospicua è stata resa possibile dall'intervento diretto del governo di Seoul. Dal mese di maggio, ufficiali del ministero degli esteri sono stati in contatto con un "terzo paese" del sud est asiatico nell'intento di trasportare nella Corea del sud alcuni profughi del nord.

L'intervento governativo è stato intelligente ed efficace ma la medaglia d'oro per la azione umanitaria spetta a gruppi religiosi e civici sud-coreani che da anni si impegnano in Cina e nei paesi del sud-est per alleviare le sofferenze dei fratelli e sorelle profughi dal nord. Sono loro che hanno informato e esortato il governo a intervenire.

Il sollievo per l'operazione ben riuscita non nasconde, però, le preoccupazioni per il futuro. Tutto fa pensare che sia iniziata, per la Corea del sud,una nuova epoca nella politica per i rifugiati. La costituzione della repubblica della Corea del sud (ROK) sostiene il principio dell'esistenza di una sola Corea. I fuggiaschi recuperati non sono esuli, ma cittadini con i medesimi diritti degli altri. Per questo ad essi viene subito concessa la "tessera di residenza".

Ma fino a pochi anni fa il detto costituzionale era pura teoria. Dal 1998 la situazione è cambiata. In quell'anno i nord-coreani rifugiatesi nel sud erano solo 71; oggi superano i 5.000. Il ministro dell'Unificazione Chung Dong-young ha detto: "Finora ci siamo preparati a ricevere solo piccoli gruppi di rifugiati. È urgente migliorare la nostra politica e le nostre strutture di accoglienza. Nel prossimo futuro si attendono 10.000 nord-coreani". Al ministro fa eco il professor Kim Dong-kyu dell'Università statale.: "Il governo, ha detto, dovrebbe allestire campi di inserimento su larga scala dove i nord-coreani, dopo il periodo di adattamento nel campo di Hanawon (Seoul), possano lavorare in vari settori secondo le disposizioni di ciascuno.".

Il passaggio da una società a economia rigidamente comunista, dove lo stato pensa a tutto, magari anche a fare morire di fame, a un sistema sociale capitalistico non è facile. La signora Yeo Jungok (33 anni), rifugiatasi nel sud due anni fa, ne sta facendo la dura esperienza. Era suo desiderio entrare in università e invece si è dovuta accontentare di lavare automobili presso un distributore. "Ho dovuto cominciare da zero, dice, perché il fossato tra nord e sud è enorme in termini di conoscenze e tecnologia". Il problema dell'inserimento dei fratelli e sorelle riguarda tutto il popolo del sud e non solo il governo. La Chiesa cattolica in Corea da decenni insiste perché i fedeli coltivino lo spirito di riconciliazione verso i fratelli del nord. Per i gruppi religiosi e civici si presenta ora un programma molto concreto di azione immediata..

 

La Cina paradossale ponte di salvezza

Come abbiamo accennato sopra, fino al 1998 i fuggiaschi del nord sono stati pochissimi e la via da essi scelta è stata quella della zona cuscinetto tra le due Coree a livello del 38mo parallelo, demilitarizzata di diritto, armatissima di fatto. Di natura politica le motivazioni della loro fuga, e poche decine di chilometri la lunghezza del loro temerario tragitto verso la libertà. Dalla fine degli anni '90 la lunghezza del viaggio verso l'agognato sud è di almeno 5mila chilometri e la barriera da superare è data dai fiumi Tumen e Yalu che segnano il confine a nord tra Corea e Cina. L' oltrepassano, dicono gli esperti, centinaia di migliaia di nord coreani, spinti alla rischiosa avventura più dalla fame che dalla pur inumana repressione politica.

Per questi avventurosi la Cina diventa, geograficamente, un immenso ponte che ha come estremi al nord le città di confine, come Shenyang, dove abbondano cinesi di origine coreana, e al sud paesi ex comunisti come il Vietnam, il Laos e la Cambogia che non nascondono le loro simpatie verso la Corea del sud per l'assistenza economica che Seoul offre loro.

La Cina è realtà complessa. A livello governativo da quando ha allacciato rapporti diplomatici con la Corea del sud, tiene equidistanza tra Pyongyang e Seoul. Da sempre alleata ideologica con la Corea del nord, è ad essa legata da un trattato che l'impegna a estradare i fuggitivi. Secondo una dichiarazione della commissione statunitense per i rifugiati l'anno scorso la Cina ha rimandato in patria 7.800 fuggitivi dal nord. Non e' difficile immaginare la loro sorte.

Ma ne rimangono sul suolo cinese decine se non centinaia di migliaia. Le loro pietose condizioni e il timore di essere rimandati in patria spingono parecchi di essi al suicidio, dicono gli esperti. Inoltre molti sono vittime della mafia che estorce loro notevoli somme come prezzo per la fuga al sud e costringe le donne alla prostituzione.

"È molto importante che il governo coreano si impegni in negoziati diretti con la Cina e rafforzi le alleanze internazionali per garantire sicurezza ai fuggiaschi nascosti in Cina e facilitare loro il cammino verso la liberà" dice Do Hee-youn del gruppo Allenza dei cittadini per i diritti umani dei fuggitivi. Il governo di Seoul, in alcuni casi, ha praticato la "diplomazia silenziosa" anche nei confronti della Cina. Ma ora non è più sufficiente. "Nel prossimo futuro, scrive l'editorialista del The Korea Times, potrebbero essere necessarie grandi navi per trasportare i fuggitivi e soprattutto una "diplomazia a voce alta" per assicurare il rispetto dei diritti umani ai profughi in stato d'attesa in Cina".

La mediazione internazionale

"L'attività umanitaria, governativa e privata, pur essendo doverosa non risolve il problema", scrive l'attivista Lee Seung-yong. "Se è la fame il motivo principale delle  defezioni in massa, bisogna che il governo del sud faccia tutto il possibile per alleviare la situazione economica del nord". È vero. Ma a nessuno è lecito accusare di tiepidezza i cittadini del sud. Il 31 agosto il Ministero dell'Unificazione ha reso noto che la Corea del sud nei primi sei mesi di quest'anno ha donato al nord 146 milioni di dollari americani in aiuti umanitari. Inoltre, da quattro anni il governo di Seoul sta operando con zelo per tenere aperti i canali del dialogo

Il muro dallo zoccolo duro che impedisce il flusso di vita dal sud al nord è l'atteggiamento sospettoso e orgoglioso del regime di Pyongyang. Attraverso il portavoce del comitato per l'unificazione della madre patria il governo del nord non si è peritato dal definire la fuga dei 450 profughi "un rapimento e un atto di terrorismo ben preparato e fatto alla luce del sole da parte delle autorità della Corea del sud". Si rimane allibiti

Solo la convergenza di sforzi internazionali, specialmente da parte delle nazioni impegnate nei "colloqui a sei" a Pechino e dell'Unione Europea può aprire una breccia nel muro di questa irragionevole opposizione. Fortunatamente la comunità internazionale sta muovendosi proprio in questa direzione.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Cristiano condannato a morte, politici Usa scrivono all’Onu
14/07/2007
Nuovo fallimento dei colloqui tra le due Coree
31/08/2004
Corea, "diffusa" discriminazione contro i rifugiati nordcoreani
27/01/2006
Storico vertice tra le due Coree a fine agosto
08/08/2007
La collera irrazionale del governo di Pyongyang
11/08/2004


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”