10/05/2012, 00.00
COREA DEL SUD
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La faccia oscura della crescita coreana: lavorare alla Samsung uccide

Lee Yun-jeong, 32 anni e 2 figli, è morta di tumore al cervello dopo 7 anni al settore semiconduttori del gigante delle telecomunicazioni. Che nega ogni coinvolgimento ma cerca di tenere la famiglia lontana da avvocati e gruppi civili. Il marito: “Continuerò a combattere per ottenere giustizia”.

Seoul (AsiaNews/Agenzie) - Dopo due anni di sofferenze e senza alcuna speranza di ottenere giustizia dalla legge, Lee Yun-jeong è morta per un tumore al cervello. Moglie e madre di 2 figli piccoli, ha lavorato per 7 anni al settore semiconduttori della Samsung: si tratta della 32esima impiegata della fabbrica di Onyang che muore per un tumore. Inutili gli appelli sindacali e una prima causa del lavoro intentata contro il gigante delle telecomunicazioni: ora però il suo avvocato spera di ottenere un risarcimento almeno per i figli.

Nata a Seoncheon, nella provincia di Chungcheong meridionale, Lee inizia a lavorare nella fabbrica di Onyang nel 1997: frequenta ancora il liceo, ma è talmente brillante che viene raccomandata dalla scuola insieme ad altri 6 studenti per un impiego in fabbrica. Nell'ottica produttiva di una Corea del Sud che cerca di rimanere al passo con la Cina, accetta con entusiasmo il lavoro che però la tiene lontana da casa e dalla vita normale.

La madre, Park, racconta: "Non ha mai abbandonato il suo posto, neanche quando era malata. E non riusciva a venire a trovarci neanche una volta al mese. Era la più giovane delle mie figlie ma non assomigliava a una bambina, faceva tutto da sola". Nel 2002, Lee incontra Jeong Hui-su (che oggi ha 36 anni) e si innamora: l'anno successivo lascia il lavoro alla Samsung e inizia a preparare il suo matrimonio.

Il marito ricorda: "Quando eravamo ancora fidanzati e uscivamo insieme, vedevo spesso delle ferite sulle sue braccia e gambe. Lei e le sue colleghe erano disperate, vivevano in maniera molto dura: non vedevano l'ora di sposarsi e potersi così licenziare". Pur essendo estremamente competitiva dal punto di vista commerciale, infatti, la Corea del Sud è ancora molto tradizionalista: una donna che si sposa di norma lascia il lavoro.

Tuttavia, i 7 anni di lavoro con i semi-conduttori (fili e microchip composti di rame e "terre rare", materiali fondamentali per la costruzione dei telefoni cellulari che però emettono radiazioni pericolose) hanno lasciato il segno: nel luglio del 2010 le viene diagnosticato un cancro al cervello. Il marito dice: "Dopo aver lasciato il lavoro è sempre rimasta in casa, in campagna. L'aria è pulita e non ci sono fabbriche nelle vicinanze. Posso solo pensare che sia stato il suo impiego a farle venire il cancro".

Lee Jong-ran, avvocato del lavoro che opera all'interno del Banollim (organizzazione che monitora la situazione delle fabbriche e difende i lavoratori), presenta per lei una denuncia presso l'ufficio locale del Welfare nel luglio del 2010: nel febbraio 2011 viene rigettata. Ad aprile presentano allora una denuncia amministrativa, che però ancora non si è tradotta in un processo.

La Samsung non resta a guardare e va a trovare un paio di volte il marito Jeong: gli chiedono di non contattare alcun gruppo civico e cercano di convincerlo che una denuncia amministrativa non verrà mai dibattuta in tempo. Dopo questi tentativi, tagliano ogni contatto con la famiglia. Dopo la morte della moglie, Jeong spiega di voler continuare la sua battaglia e si dice "pronto" ad andare fino in fondo contro la Samsung: "Quanto meno per i nostri figli".

 

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