26/11/2009, 00.00
MYANMAR
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La giunta birmana continua la persecuzione dei monaci buddisti

Il regime minaccia i familiari dei religiosi che hanno partecipato alle rivolte del 2007, impone restrizioni ai viaggi e vieta le preghiere. Oltre 270 i monaci detenuti nelle carceri per la loro presunta attività politica. Movimento buddista ha “scomunicato” il generalissimo Than Shwe.
Yangon (AsiaNews) – La giunta militare continua a perseguitare i monaci buddisti birmani, nel silenzio della comunità internazionale. Il regime – ancora in cerca di vendette per le proteste del 2007, poi represse nel sangue – minaccia i familiari dei religiosi che hanno preso parte alla rivolta pacifica, impone restrizioni ai viaggi dei monaci e a molti di loro vieta anche di condurre le tradizionali preghiere.
 
Ashin Thavara – segretario generale del Comitato rappresentativo di tutti i monaci birmani (Abmrc) con sede in India, gruppo in prima linea nelle proteste di due anni fa – racconta al quotidiano The Irrawaddy: “I miei genitori devono andare a registrarsi tutti i mesi presso le autorità locali, che esigono anche di essere informate su ogni contatto che hanno con me. Non solo: hanno fatto pressioni sui datori di lavoro dei miei genitori perché li licenziassero”.
 
Il 27 settembre 2007 la giunta militare, che da 60 anni regge il Myanmar, ha ordinato la repressione del movimento dei monaci, che chiedeva solo diritti umani e maggiore democrazia nel Paese: monasteri perquisiti, monaci arrestati, molti uccisi o costretti all’esilio.
 
Ashin Issariya – uno dei fondatori dell’Alleanza di tutti i monaci birmani (Abma) – denuncia: “I generali non hanno smesso di reprimere e insultare i monaci e la religione buddista. Sono oltre di 270 i religiosi ancora detenuti per la loro presunta attività politica”.
 
Il ministero birmano per gli Affari religiosi cerca di controllare la comunità attraverso il Sangha Maha Nayaka Committee, un’organizzazione di monaci parastatale, che ha diramato l’ordine di limitare i viaggi dei monaci e impedire loro di recitare il dharma (il tradizionale discorso pubblico tenuto da un maestro buddhista, sugli insegnamenti del Buddha stesso). É successo, ad esempio, a Nya War Sayardaw, il rettore dell’Università buddista di Yangoon. Due anni fa, inoltre, il regime aveva confiscato le proprietà dei monaci ritenuti “riottosi” e ad oggi non le ha ancora restituite.
 
Secondo la testimonianza dell’abate di un monastero di Mandalay, “agenti della sicurezza in borghese controllano da vicino e spiano le attività dei monasteri tutti i giorni”. Lo stesso abate racconta che “quattro giovani che erano in contatto con i monaci di Mandalay sono stati arrestati a settembre e se ne sono perse le tracce”.
 
Lo scorso ottobre, l’Alleanza di tutti i monaci buddisti (che nel 2007 aveva promosso le manifestazioni pacifiche, partite da Yangon) ha di fatto “scomunicato” il generale Than Shwe, il leader della giunta, per non aver chiesto scusa delle violenze inflitte ai monaci e alla religione buddista.
 
Secondo dati ufficiali, oggi in Myanamr sono 400mila i monaci e la loro comunità – Shangha – è una delle istituzioni più rispettate nel Paese.
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