10/03/2008, 00.00
TIBET - CINA
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La marcia dei tibetani e le minacce di Pechino contro il “terrorismo separatista”

Centinaia di tibetani in esilio partono oggi per tornare in Tibet, protestando contro le Olimpiadi di Pechino. La Cina si prepara a una lotta “contro il terrorismo” che vuole distruggere l’atmosfera dei Giochi olimpici.

Dharamsala(AsiaNews/Agenzie) – Centinaia di giovani tibetani in esilio si preparano oggi a compiere una marcia dall’India al Tibet, dove programmano di giungervi l’8 agosto, giorno dell’apertura dei Giochi olimpici di Pechino. Intanto la Cina promette di combattere il “terrorismo” dei gruppi separatisti.

La marcia dei giovani tibetani vuole essere uno strumento di protesta contro la repressione cinese in Tibet. La data di partenza, oggi, ricorda la soppressione della rivolta del Tibet contro l’esercito cinese occupante nel 1959. Il governo tibetano in esilio, con sede a Dharamsala non ha dato la sua approvazione ufficiale alla marcia. Ma molti gruppi di tibetani e simpatizzanti programmano manifestazioni in appoggio alla marcia di ritorno in Tibet.

Pechino afferma che il Tibet è parte integrante della Cina, mentre i tibetani sostengono di essere stati indipendenti per secoli. Le frontiere della regione himalayana sono controllate dai militari cinesi che sparano a chiunque osa varcarli nei due sensi. I giovani organizzatori della marcia sperano che la Cina, essendo sotto gli occhi di tutto il mondo per l’imminente appuntamento delle Olimpiadi, non oserà compiere gesti di violenza.

Proprio ieri, in un incontro con i giornalisti, il segretario del Partito comunista del Xinjiang, Wang Lequan ha promesso di strappare alla radice ogni tentativo “terrorista”. Wang si riferiva anzitutto a possibili tentativi di attacchi da parte dei separatisti musulmani del Xinjiang, ma l’avvertimento era anche rivolto contro i “separatisti” tibetani. “Terroristi, sabotatori e separatisti, saranno schiacciati in modo risoluto – ha detto Wang -  qualunque gruppo etnico essi appartengano”.

Da decenni Pechino sta attuando una politica di genocidio culturale e religioso verso i tibetani, colonizzando l'area con l'emigrazione di cinesi per sfruttare le risorse turistiche e minerarie della regione.

 

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