19/10/2011, 00.00
COREA - M. ORIENTE
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La primavera araba risveglia anche i nordcoreani

di Joseph Yun Li-sun
Dopo anni di lavoro come architetto del regime, un uomo diserta e scompare dall’Egitto. Dopo due anni di latitanza chiede asilo politico a Seoul e spiega: “I manifestanti del Cairo mi hanno fatto capire quanto sia assurda la dittatura di Pyongyang, che nega l’uomo e la sua dignità”.
Seoul (AsiaNews) – Dopo anni di lavoro come architetto del regime nordcoreano, talmente importante da essere inviato persino all’estero, un uomo di 38 anni ha deciso di disertare e chiedere asilo politico in Corea del Sud. Il dissidente spiega che sono state le manifestazioni di piazza Tahrir e quelle del mondo arabo in generale ad aprirgli gli occhi sull’assurdità della dittatura del “Caro Leader” Kim Jong-il.

La storia è stata confermata da un rappresentante del governo sudcoreano. L’architetto ha chiesto aiuto all’ambasciata di Seoul al Cairo lo scorso 8 ottobre, e oggi è arrivato sotto scorta in Corea del Sud. Questa scelta sottolinea come, anche vessati da uno dei regimi più dispotici del mondo, il nazionalismo coreano impedisca anche a chi decide di fuggire di scegliere un Paese di destinazione diverso e lontano dalla propria casa.

Il fuggitivo, identificato per motivi di sicurezza come “Kim”, era stato inviato dal regime di Pyongyang in Egitto nel 2006. Qui ha iniziato a disegnare e costruire le case e gli uffici dell’elite nordcoreana nell’Africa settentrionale: costretto a inviare in patria i soldi guadagnati con il suo lavoro, sotto pena di ritorsioni sulla sua famiglia, ha vissuto in povertà. Tutto cambia nel 2008, quando si innamora di una donna egiziana che lo spinge a non tornare in Corea del Nord.

Avuta notizia della sua diserzione, l’ambasciata al Cairo inizia a cercarlo ovunque. Insieme alla sua compagna, l’architetto si nasconde e – sembra – oltrepassa il confine. La prima intenzione, spiega oggi, “era quella di sparire in Africa. Ma un coreano, lì, è veramente molto riconoscibile: pensavamo di vivere ai margini del deserto, e così abbiamo fatto fino alle rivolte”. Le rivolte sono quelle della primavera araba, che la compagna dell’artista segue da vicino.

Osservando insieme a lei quanto sta avvenendo nelle piazze mediorientali, l’uomo si rende conto della sua situazione: “La caduta di Mubarak mi ha fatto capire molte cose. Mi sono reso conto di quanto sia assurdo un regime dove l’uomo non conta niente, quasi non esiste. E ho capito anche che nascondermi mi avrebbe forse salvato, ma non mi avrebbe migliorato. Ho deciso di tornare, chiedere aiuto e dare una mano alle persone come me”.
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