17/03/2008, 00.00
MYANMAR
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La rivolta tibetana “innervosisce” i generali birmani

A Yangon il regime aumenta la sicurezza intorno ai simboli religiosi buddisti, dove a settembre sono partite le proteste anti-regime. Soldati circondano il monastero Kaba Aye. La giunta guarda con preoccupazione ad alcune date significative tra cui il Capodanno birmano.
Yangon (AsiaNews) - Le proteste dei monaci tibetani contro l’oppressione cinese spaventano la giunta birmana, che teme una nuova ondata di manifestazioni popolari come quella guidata dai bonzi a settembre 2007. Secondo il sito Mizzima News, da oggi soldati e polizia antisommossa circondano il monastero Kaba Aye a Yangon e hanno chiuso i cancelli di ingresso all’edificio. Il governo militare – raccontano fonti di AsiaNews nella ex Birmania – ha aumentato la sicurezza anche intorno ad altri simboli religiosi e lungo la strada per l’aeroporto, piena di poliziotti.
 
Le autorità, naturalmente, non forniscono spiegazioni riguardo al potenziamento dei controlli. Si ipotizza un giro di vite sulla popolazione e la comunità dei religiosi buddisti che potrebbe rialzare la testa incoraggiata dalle dimostrazioni anti-Pechino a Lhasa. I generali sono in fermento in vista di alcune date importanti per il regime: il 27 marzo, la festa nazionale dell’esercito e il 17 aprile, il Capodanno birmano. I leader del movimento di settembre hanno detto da tempo che il governo militare, al potere dal 1962, “non passerà il nuovo anno”. Senza contare il referendum di maggio sulla nuova Costituzione, la cui riuscita è necessaria per offrire credibilità internazionale alla controversa “road map” dei militari verso la democrazia.
 
Anche se tutto sembra tacere in Myanmar lo scontento popolare cresce di giorno in giorno. Fonti di AsiaNews a Yangon e Mandalay ricordano che la gente continua a morire di fame, la disoccupazione è ai massimi livelli e che l’aumento del costo del carburante sta mettendo in ginocchio la popolazione. L’autobus per l’università costava 900 kyat al mese; il prezzo è cresciuto gradualmente passando da 9mila e poi 11mila kyat. Gli studenti non possono più andare a lezione con i bus universitari e devono prendere il treno, più economico ma molto meno efficiente. “Vivere o morire qui in Birmania è la stessa cosa – confessa un ragazzo da Mandalay, che chiede l’anonimato – viviamo nel terrore, con il timore di essere spiati ovunque, non possiamo parlare di politica nemmeno in casa. Per quanto dovremo andare avanti così?”.
 
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