29/03/2006, 00.00
israele
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La vittoria di Kadima e le prospettive di pace

di Arieh Cohen

Nel suo primo discorso dopo le elezioni, il premier Ehud Olmert apre ai dialoghi di pace con i palestinesi. Un'analisi del voto: un terzo degli israeliani non ha votato; lo Shinui è stato spazzato via; il Likkud è stato abbandonato per la sua politica ultra-capitalista.

Tel Aviv (AsiaNews) – La sorpresa più grande dalle elezioni in Israele sono senza dubbio le parole dette dal Primo ministro ad interim Ehud Olmert nel suo primo discorso dopo la diffusione dei risultati.

Rivolgendosi al presidente palestinese  Mahmoud Abbas (Abou-Mazen),  Olmert ha lanciato un appello commovente ed enfatico per aprire insieme  i negoziati di pace.

Se l'appello è sincero, esso si distacca dall'atteggiamento - divenuto abituale per Olmert e Sharon – che rifiutava ogni invito del presidente palestinese a riprendere i negoziati di pace.

È stata anche una variazione importante dal tema che aveva dominato la campagna elettorale, e cioè il suo piano per la riorganizzazione "unilaterale" dei territori occupati: l'annessione di alcune aree ad Israele, l'evacuazione di alcune colonie nei Territori.

Come e quando questo appello pubblico di Olmert potrà essere tradotto in concreta iniziativa politica, è tutto da vedere. Sarà senz'altro più chiaro con il procedere dei negoziati per una coalizione di governo attorno al Kadima e con l'emergere dei probabili candidati alla coalizione.

Tali negoziati avvengono in uno scenario particolarmente frammentato e in una situazione politica israeliana che abbiamo definito "postmoderna". Più di un terzo dei votanti non si è recato alle urne, esprimendo la loro sfiducia verso tutti i partiti in blocco, oppure hanno mostrato un pericoloso distacco "postmoderno" dalla politica. Lo stesso partito Kadima, ha preso solo 28 seggi sui 120 del parlamento israeliano (Knesset); il partito dei Pensionati ha preso addirittura 7 seggi, avendo come unico scopo l'attenzione alla situazione di bisogno degli anziani, gravemente impoveriti.

I tre partiti religiosi (teocratici) ebrei hanno ottenuto in tutto 28 seggi. Ciò preoccupa il mondo laico israeliano, ma anche i cristiani e tutti quelli che non sono ebrei ortodossi. In più, il partito liberale secolare Shinui, che aveva 15 seggi nella precedente Knesset, è sparito completamente dal parlamento!

Forse i risultati non riflettono la situazione reale: è probabile che molti laici questa volta non sono andati a votare, dando più peso ai partiti religiosi in modo innaturale. Ad ogni modo un'analisi più accurata sulla demografia del voto potrà essere fatta nei prossimi giorni.

Il fatto più impressionante è la caduta drammatica del partito di destra, il Likkud dell'ex primo ministro Benjamin Netanyahu che, a quanto pare, avrà solo 11 seggi, dei 38 che aveva nella precedente legislatura. Una larga fetta del suo elettorato più fedele – le classi più povere e meno educate, attratte dall'enfasi nazionalista – ha abbandonato il Likkud, in risposta alle politiche super-capitaliste di Netanyahu, che è stato Ministro delle Finanze dal 2003 al 2005. Tali politiche, definite da Netanyahu come necessarie "per salvare l'economia", hanno spinto centinaia di migliaia di famiglie in una profonda povertà, smantellando una grossa fetta della tradizionale sicurezza sociale israeliana, in difesa delle ragazze madri, degli handicappati e altri cittadini vulnerabili.

Nello stesso tempo, queste politiche hanno arricchito ulteriormente alcuni gruppi sociali in Israele, soprattutto le cosiddette "dodici famiglie" che sono spesso sospettate di controllare fin troppo la politica nazionale. Tutti i partiti politici sono impegnati a tentare di correggere i cattivi effetti di questa politica finanziaria. Lo stesso Netanyahu ha cercato disperatamente di convincere gli elettori che se al potere, avrebbe cambiato politica. Ma è evidente che solo una piccola minoranza gli ha creduto.

Il Likkud è stato al centro della maggior parte dei governi dal 1977 in poi (meno che nel periodo 1992-1996 e 1999-2000): ora sarà un partito di opposizione  e nemmeno fra i più corposi.

Da quanto si vede oggi, con ogni probabilità Olmert sarà il prossimo Primo ministro e il Labour sarà il suo principale partner nella coalizione. Rimane ancora da vedere che peso avrà qualcuno dei partiti religiosi all'interno del nuovo governo e quale influenza avranno sui diritti civili e umani.

Ma la questione più interessante – e complicata – rimane quella di come Olmert concretizzerà il suo appello alla pace. Tutti in Israele e nel mondo intero rimangono in attento ascolto.

 

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