02/06/2010, 00.00
CINA
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La “nuova” classe proletaria cinese, disposta al suicidio per non piegarsi

La Foxconn annuncia aumenti salariali del 30%. Ma esperti ritengono che dietro i molti suicidi ci sia la richiesta di un’organizzazione del lavoro meno disumana. Si tratta di 145 milioni di migranti, pronti a lottare per il loro diritto a vivere.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Ieri la ditta Foxconn, leader tecnologica che ha visto 11 suicidi quest’anno nella fabbrica di Longhua (Shenzhen), ha annunciato aumenti salariali del 30% per gli operai alla catena di montaggio. Ma esperti osservano che occorre rivedere l’intera organizzazione del lavoro che ha reso la Cina “la fabbrica del mondo” al prezzo di condizioni di lavoro disumane, a esclusivo vantaggio delle multinazionali capitaliste occidentali e del Partito comunista cinese (Pcc).

Fonti ufficiali della Foxconn hanno esternato la speranza “che l’aumento dei salari aiuti a migliorare lo standard di vita dei lavoratori e permetta loro di avere più tempo libero”.

Analisti osservano che, tuttavia, nessuno in Cina appare voler affrontare il problema delle condizioni di lavoro o quello dell’assenza di sindacati che tutelino i diritti dei lavoratori.

Di fronte all’ondata di suicidi, motivati per lo stress da lavoro, la Foxconn si difende dicendo che non viola le leggi e che applica condizioni di lavoro analoghe alle altre fabbriche cinesi. Secondo gli operai della ditta, le “normali” condizioni di lavoro prevedono turni anche di 12 ore, con divieto di parlare coi vicini, sedersi o allontanarsi senza necessità. Gli operai sono sottoposti a una disciplina tipo militare, sia sul lavoro che nelle mense e nei dormitori dell’azienda, sono multati per ogni minima infrazione, persino se lavano un indumento nel dormitorio. E’ vietato contraddire gli ordini dei superiori diretti.

Lee Jen-hsing, esperto di Taiwan, spiega al quotidiano South China Morning Post che “nei decenni passati i lavoratori migranti venivano da famiglie modeste, accettavano di stare in dormitori gratuiti e sotto stretto controllo dei dirigenti”. “Ma la nuova generazione desidera posti di lavoro con maggiore libertà e democrazia”.

L’85% dei 400mila dipendenti della fabbrica di Shenzhen sono giovani migranti nati dopo gli anni ’80, che non accettano questi ritmi di lavoro.

Intanto negli ultimi 5 mesi l’occupazione degli operai industriali è cresciuta in Cina con la massima velocità da 5 anni, cosa che contribuisce a rendere gli operai consapevoli della loro importanza nel processo produttivo. E’ la generazione dei figli unici che ha sempre avuto piena attenzione da tutta la famiglia e che non si aspetta dal lavoro solo un salario, ma chiede una vita non asservita solo alla catena di montaggio. Le rivendicazioni salariali alla fabbrica Honda di Foshan, i cui operai hanno ottenuto importanti aumenti salariali, sono solo un aspetto di questa domanda di condizioni di lavoro più eque.

I lavoratori migranti sono stimati non meno di 145 milioni, circa l’11% della popolazione. Per continuare la crescita economica, Pechino punta sull’aumento del consumo interno, per bilanciare la minore esportazione verso l’Occidente. Ma questo contribuisce alla domanda non solo di maggior beni materiali, ma anche di tempo libero e democrazia per i lavoratori. Internet, poi, contribuisce ad aggirare la rigida censura mediatica di Stato e a far conoscere in tutto il Paese e nel mondo questi problemi.

Esperti notano che le rivendicazioni saranno difficili, anche perché in Cina manca un sindacato che tuteli i lavoratori e il sindacato nazionale All-China Federation of Trade Unions è guidato dal Pcc e si piega agli interessi dello Stato. I tentativi di creare sindacati indipendenti sono stati negli anni passati sempre repressi. Ma l’esempio della Honda mostra la crescente capacità dei lavoratori di aggregarsi per le loro rivendicazioni. Negli ultimi anni, sono stati frequenti gli scioperi per questioni economiche. I suicidi della Foxconn mostrano anche la difficoltà dei lavoratori a organizzarsi: fonti locali riferiscono che alla Foxconn gli operai sono incitati a spiare i colleghi e gratificati se lo fanno. Ma evidenziano pure come il problema non può essere soltanto ignorato.

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