16/06/2016, 12.13
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Laos, arresti e confessioni pilotate per gli attivisti dei social network

Il Partito mette in guardia “chiunque non sia attento” nel loro uso. Tre giovani arrestati sono ricomparsi in televisione chiedendo perdono per le proprie azioni. La Federazione internazionale per i diritti umani punta il dito sul divario fra le promesse di Vientiane e le sue violenze: “Chiediamo il rilascio immediato dei prigionieri”.

 

Vientiane (AsiaNews) – La società civile laotiana e gruppi di attivisti in esilio sono preoccupati dalla nuova repressione che il governo di Vientiane sta imponendo alla libertà di espressione nel Paese. Negli ultimi mesi sono finite nel mirino tutte le persone che hanno usato i social network in modo “poco attento”, lasciando commenti critici nei confronti del Partito unico. Le ultime vittime sono stati tre cittadini laotiani, arrestati per aver denunciando su Facebook gli abusi commessi contro i diritti umani.

Somphone Phimmasone (29 anni) e la sua ragazza Lod Thammasong (30) sono stati fermati insieme ad un terzo dalla polizia a Navatai (provincia di Kammouane) lo scorso 5 marzo, dopo che erano tornati dalla Thailandia per rinnovare il passaporto. I due, insieme ad altri, avevano manifestato il 2 dicembre 2015 davanti all’ambasciata laotiana di Bangkok, chiedendo al governo il rispetto della democrazia.

Dopo essere scomparsi nel nulla, i tre sono apparsi lo scorso 25 maggio sulla televisione nazionale vestiti da carcerati chiedendo perdono per avere “messo in pericolo l’unità del Paese”. “D’ora in avanti mi comporterò bene – ha detto Somphone – cambierò il mio atteggiamento e smetterò di tradire il mio Paese”. I tre hanno assicurato che la loro confessione è volontaria e non imposta.

Sulla vicenda sono intervenuti la Federazione internazionale per i diritti umani (Fidh) e il Movimento laotiano per i diritti dell’uomo (Mldh, con base in Francia), che hanno pubblicato un comunicato congiunto in cui chiedono “l’immediato e incondizionato rilascio dei tre individui arrestati in modo arbitrario”. La repressione sistematica del governo su qualsiasi forma pacifica di dissenso, continua il messaggio, “dimostra l’enorme divario che c’è tra le promesse fatte da Vientiane alla comunità internazionale e le azioni violente condotte nel Paese”.

Il giro di vite deciso dal Partito rivoluzionario del popolo Lao potrebbe essere dovuto all’enorme crescita di utenti internet registrata nel Paese: dal 2011 al 2013 sono saliti da 60mila a 400mila.

Gli attivisti ricordano che episodi simili sono già avvenuti in passato. Il 26 maggio 1999 cinque membri del movimento studentesco per la democrazia furono arrestati a Vientiane e condannati a 20 anni di carcere. Uno di essi è morto in prigione per i maltrattamenti subiti. “Rimane sconosciuto – continuano – il destino di altri nove attivisti che sono stati imprigionati nel 2009 per aver partecipato a manifestazioni democratiche nella capitale”.

Il caso più eclatante rimane quello di Sombath Somphone – insegnante, attivista per i diritti umani e vincitore del premio Magsaysay – scomparso nel nulla il 15 dicembre 2012 vicino a un check point della polizia. Nonostante telecamere a circuito chiuso abbiano ripreso in modo chiaro il suo sequestro, il governo non ha mai dato informazioni sul suo conto.

Secondo l’ultima classifica stilata da Reporter senza frontiere, il Laos è uno dei Paesi con meno libertà di stampa al mondo, piazzandosi al 173mo posto su 180.

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