02/04/2009, 00.00
VIETNAM
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Le attività sociali promuovo il dialogo interreligioso tra buddisti e cattolici vietnamiti

di J.B. VU
A Ho Chi Minh City, la diocesi ha organizzato un seminario, molto apprezzato, per migliorare la conoscenza reciproca. Un’esperienza comune nell’aiuto ai bambini di strada.
Ho Chi Minh City (AsiaNews) - Il Vietnam è un Paese che ha una varietà di religioni. Il buddismo conta approssimativamente il 17% della popolazione, con più di 20 milioni di fedeli e più di 20mila pagode. Nel corso del X secolo, il buddismo era considerato religione di Stato. I cattolici sono sette milioni e rappresentano circa il 7% della popolazione e più di 6mila chiese. Il maggior numero di famiglie vietnamite è legata alla venerazione degli antenati: la religione tradizionale raccoglie quasi il 68% della popolazione. Il restante 2% è rappresentato da protestanti, islamici, induisti e fedeli dei gruppi Cao Dai e Hoa Hao.
  
Il dialogo tra cattolici e buddisti ha registrato, il 10 marzo, la visita di 14 giovani postulanti di nove congregazioni religiose della diocesi di Saigon all’Istituto buddista del distretto di Phu Nhuan di Ho Chi Minh City, allo scopo di avere uno scambio di esperienze. I buddisti dell’Istituto hanno accolto con calore le suore cattoliche e vogliono sostenersi reciprocamente.
   
Il 29 marzo, poi, il Centro pastorale dell’arcidiocesi di Saigon ha tenuto un seminario sul tema: “Lo scambio e l’applicazione delle parole di Budda per la vita religiosa”. L’apprendimento e lo scambio sono nel programma di studio della pratica del dialogo interreligioso. Al termine dei corsi, ogni studente apprende il modo di accostarsi alle altre religioni e capire di più il buddismo accresce la comprensione, la simpatia, l’armonia ed accresce la solidarietà degli uni con gli altri.
  
Nun Luu Thi Dieu Minh, studiosa buddista con il nome religioso Nguyeân Ñaïo, ha illustrato i concetti e la visione della vita religiosa, avendo un forte legame con la Collezione del discorso di Pali. E’ una serie di Preghiere di Sakyamuni, che è stata raccolta e salvata col tempo, circa tre secoli dopo Buddha.
  
Grazie alla presentazione della studiosa buddista, i partecipanti al corso hanno messo in evidenza questioni legate al buddismo e le difficoltà di “ñi tu” (prendere gli ordini sacri), perdonare e vivere con gli altri. Dalla condivisione, i partecipanti cattolici hanno scoperto la concezione, il punto di vista e le spiegazioni della vita umana dei buddisti vietnamiti. Tutti sono stati lieti per una occasione costruttiva di dialogo interreligioso tra cattolici e buddisti.
 
Di rilievo l’incontro con le suore buddiste della pagoda di Phuoc Hai. Coloro che fanno parte dei piccoli gruppi di lavoro sociale hanno condiviso con le suore buddiste l’integrazione in attività sociali. Secondo la suora buddista Dong Nhuan, in precedenza lei sapeva poco di lavoro sociale. Fortunatamente, la Chiesa cattolica l’ha invitata ad occuparsi d programmi sociali e lei pensa che la Chiesa cattolica svolge molto bene questa attività in Vietnam. Così studia lavoro sociale alla Open University di Ho ChiMinhCity. “So - dice ad AsiaNews - di essere piccola, ma voglio fare molte cose. La Pagoda mi ha mandato a laurearmi in attività sociali, seguendo le idee di Buddha. Non so se dopo la laurea starò qui o altrove, ma penso che continuerò a lavorare per le attività sociali della Pagoda”.
 
Un’altra suora buddista, Hue Tri della pagoda di Dieu Giac, che nel 1987 (quando il Vietnam ha aperto le porte alla sviluppo economico) ha organizzato la Compassionate House della sua pagoda dice: “io sono buddista, discepola del Buddha. Il dottor Vu è un operatore sociale cattolico. Insieme abbiamo lavorato con I ragazzi di strada della città. Ogni mese abbiamo regolari incontri di confronto. La buona natura di Buddha o Gesù è che quando ualcuno piange, Buddha o Gesù arrivano. Quando vedono bambini sfortunati, Buddha o Gesù vengono. Voglio fare qualcosa per i bambini sfortunati, come mi hanno insegnato Buddha e Gesù”.
 
Xuan Loan è una donna pastore, pure presente all’incontro, ha esperienza nella Chiesa sotterranea, detta anche “Chiesa domestica”. “Noi - racconta - siamo piccoli gruppi, i nostri fedeli pregano in piccoli gruppi. Penso che il tempio di Dio è nel nostro cuore: ‘il vostro corpo è il mio tempio’, ha detto Gesù alla folla. La nostra Chiesa - aggiunge - punta sullo sviluppo della persona. Se ci separiamo dal nostro gruppo, possiamo perdere forza moralmente e spiritualmente”.
 
In un libro, il cardinale John Baptist Phaïm Minh Man, responsabile dell’arcidiocesi di Saigon, ha raccontato la sua esperienza. “Nelle comunità di base, I cristiani sono chiamati alla comunione. In effetti la comunità di base è il primo e fondamentale nucleo: in essa ogni membro del gruppo ha coscienza del suo dovere di credere e diffondere la Buona novella. Attualmente, questo è un elemento originale per lo sviluppo e la promozione umana.
 
“Una Chiesa povera – scrive ancora il cardinale – è appropriata al grande oceano della povertà. Per una Chiesa piccola e modesta è facile entrare nell’oceano della povera gente e una Chiesa senza poveri facilmente diventa chiusa verso coloro che sognano di essere uomini, di avere cibo per mangiare, abiti per vestirsi, di poter andare a scuola e al lavoro. E’ tempo di creare nuovi ‘modelli’ di Chiesa e piccole comunità. La piccola comunità può facilmente entrare nella comunità sociale del povero. Se lavoro in una comunità povera, con poca influenza e dando poco ingombro, le altre persone non hanno paura di avvicinarci apertamente, senza riserve. Al contrario, possiamo allargarci più che essere chiusi. E infine, possiamo preoccuparci dell’intera vita umana, non solo della celebrazione dei sacramenti e della preghiera, ma dobbiamo lanciarci direttamente nel miglioramento della vita materiale, elevando la cultura e l’educazione delle persone, e specialmente dei poveri”.
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