14/06/2006, 00.00
AFGHANISTAN
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Le calciatrici afghane sognano il loro mondiale

La giovane nazionale di calcio femminile in Afghanistan segue con entusiasmo la competizione in Germania e spera in grandi successi. Ma davanti a sé ha ancora gli ostacoli di pregiudizi sociali e culturali.

Kabul (AsiaNews/Agenzie) – Fino a cinque anni fa, sotto i Talebani, non osavano neppure uscire di casa e oggi davanti alla tv guardano ai Mondiali di calcio in Germania come un sogno da realizzare. Sono le giocatrici della giovane nazionale femminile di calcio afghana, nata due anni fa, ma già con grandi aspirazioni.

Ieri, incollate al video, hanno seguito le gesta dei loro eroi, i calciatori brasiliani, di cui vorrebbero raggiungere la "bravura" e il "successo". "I loro piedi sono d'oro – dice con entusiasmo Azadeh Naem, 18 anni – il Brasile è la squadra migliore al mondo".

Azadeh fa parte della nazionale afghana di calcio, sport che ha preso piede nel Paese appena due anni fa, ma ancora nascosto al grande pubblico, anche per la mancanza di stadi e campi da gioco. La giovane sportiva, insieme alle 250 donne registrate alla Federazione afghana di calcio, è contraria alle tendenze conservatrici della società islamica e addolorata dalla disapprovazione della famiglia alla sua passione per il calcio. "Per una ragazza in Afghanistan – spiega Khalida Bhopal, 18 anni anche lei – è difficile giocare a calcio, ritenuto uno sport non adatto alle donne". Ma questo non ferma la sua determinazione: "Io voglio giocare e diventare la migliore".

L'Islam permette alle donne di praticare sport, basta che siano vestite in modo pudico e giochino separate dagli uomini. Le calciatrici afghane indossano una divisa con pantaloni interi e maglia a maniche lunghe e molte hanno la testa coperta, come richiede la loro religione. Purtroppo, anche rispettando queste condizioni, si incorre nella maldicenza e nei pregiudizi della gente. "Siamo in una società di uomini" dice Lali, la capitano.

Durante la dittatura talebana (1996 – 2001) le donne erano costrette ad indossare il burqa e a mala pena potevano uscire di casa. Praticare uno sport era fuori questione. Tanto più che anche gli uomini avevano problemi: lo stadio di Kabul era diventato teatro per esecuzioni pubbliche. Oggi la squadra maschile è tornata a giocare, ma le donne non entrano allo stadio. 

"Il calcio femminile – aggiunge Ali – è nuovo in Afghanistan e ancora non si può giocare in luoghi, dove tutti possono vedere". Alle partite sono presenti pochissimi uomini e gli incontri si svolgono a porte chiuse in luoghi come il "Giardino delle donne", un parco apposito per donne e bambini.

L'allenatore della nazionale femminile, Abdul Sabour Walizada, è orgoglioso della squadra, ma non  nasconde le difficoltà. "Il problema maggiore è dettato dal contesto locale, sociale e culturale: non possiamo allenarci in pubblico e mancano campi adeguati, voglio portare le mie ragazze a tornei internazionali, se vogliamo andare avanti il Giardino non è più sufficiente ".

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