31/03/2005, 00.00
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Le promesse di Assad: ritiro dal Libano, un 2005 "di riforme"

di Jihad Issa

Damasco (AsiaNews) – Il ritiro "totale ed immediato" dal Libano e riforme costituzionali in patria "prima della fine dell'anno": è quanto ha promesso il presidente siriano Bashar Assad in una intervista al settimanale austriaco News.

Assad ha promesso di accelerare l'applicazione della risoluzione 1559 delle Nazioni Unite (cioè, il ritiro dal Libano) e di completare le riforme costituzionali, attese nel paese dal 1973, anno al quale risale l'ultima riforma elaborata dal padre, Hafez Assad, morto nel 2001.

Il presidente siriano ha dichiarato di essere "in attesa" del ritorno del delegato speciale del segretario generale dell'Onu, Terry Larsen, per stabilire con lui il programma "definitivo" del "ritiro totale" del suo esercito dal Libano. Assad ha precisato che il ritiro dell'esercito siriano – in corso da un paio di settimane – "non è una sottomissione alle pressioni internazionali", ma "l'applicazione di un calendario già concordato" con il governo libanese. Il rientro delle truppe siriane dal Libano era uno dei punti cardine degli accordi di Taef del 1991 che hanno messo fine alla lunga guerra libanese, ma finora la Siria ha mantenuto il suo esercito in Libano per assicurare la propria supremazia sul paese confinante e assicurarsi il controllo del Libano.

Il capo di stato di Damasco ha negato il coinvolgimento della Siria nell'assassinio dell'ex premier libanese Rafic Hariri, avvenuto il 14 febbraio scorso, insistendo che il suo paese ha sempre cercato di mantenere "ottimi rapporti" con Hariri fin dagli inizi degli anni 1990. Assad ha quindi criticato il rapporto Fitzgerald, presentato al segretario generale dell'Onu Kofi Annan alla fine della missione dei funzionari delle Nazioni Unite in Libano, definendolo "un rapporto politico che manca di elementi tecnici".

Riguardo la crisi irakena e le denunce degli Stati Uniti secondo le quali vi è un "appoggio siriano" alle forze che si oppongono alla pacificazione in Iraq, il presidente Assad ha detto che il suo governo "non può chiudere le frontiere con l'Iraq". "Per questa ragione" ha proseguito il leader siriano "non possiamo impedire il passaggio di questi ribelli che usano il nostro paese come passaggio per andare in Iraq". Numerosi esponenti della società irachena, però, tra i quali alcuni vescovi cattolici, hanno puntato il dito contro il regime di Damasco accusandolo di fomentare l'insicurezza in Iraq e di appoggiare i terroristi perché un Iraq democratico e stabile "fa paura" alla Siria.

In tema di politica interna Assad ha respinto le accuse rivolte ai vecchi politici vicini a suo padre, indicati da più parti come i responsabili del ritardo delle riforme costituzionali. Egli ha poi affermato di essere in procinto di firmare la licenza per la fondazione della prima  rete radiofonica privata nel paese, come pure i permessi ai giornali indipendenti. "La discussione su un decreto legge sulla pluralità dei partiti politici" ha affermato Assad, difendendo il proprio operato "prosegue da più di 2 mesi". Egli ha ribadito che "il 2005 sarà l'anno delle riforme". Ma gli oppositori del partito Baas al governo ricordano che Assad aveva promesso la scarcerazione di tutti i prigionieri politici, ma ha disatteso finora questo impegno.

Rispondendo a una domanda sul futuro di pace in Medio Oriente, Assad ha risposto che il suo paese è "aperto" al dialogo con Israele in vista del ritiro dell'esercito israeliano dal Golan. Sulla posizione siriana verso gli Stati Uniti, egli ha criticato il governo di Washington accusandolo di "non volere il dialogo" con la Siria denunciando che gli Usa si mascherano dietro l'accusa che "la Siria è un paese che non collabora".

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