15/10/2007, 00.00
CINA
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Le promesse di Hu Jintao al 17° Congresso

In un discorso durato più di 2 ore e mezza, il segretario generale del Pcc promette maggior ricchezza per tutti, meno inquinamento, più democrazia, meno corruzione. Un fatto nuovo: toni concilianti con Taiwan.

Pechino (AsiaNews) – Una lunga serie di promesse ha caratterizzato il discorso con cui Hu Jintao ha dato il via oggi al 17° Congresso del Partito comunista cinese (Pcc) nella Grande sala del popolo a Pechino. Nella sua prolusione di oltre 2 ore e mezza, il segretario generale del Pcc (e presidente della Repubblica) ha garantito che la Cina continuerà a crescere quadruplicando il Prodotto interno lordo pro capite entro il 2020. Ma tale crescita economica dovrà sottostare a una maggiore cura per l’ambiente e a una riduzione nel consumo delle risorse, riaffermando uno dei suoi slogan preferiti sullo “sviluppo scientifico”.

Nel discorso pieno di retorica comunista, Hu ha sottolineato che il Partito curerà di “mettere la gente al primo posto” e attuare una serie di riforme per diminuire l’abisso fra ricchi e poveri, potenziare la classe media, dare educazione gratuita ai contadini, così che tutta la popolazione potrà godere del diritto al lavoro,  alle cure mediche, alla pensione e alla casa. Le parole “riforme” e “aperture” sono state citate almeno 30 volte. Intanto all’esterno della sala la polizia arrestava e allontanava decine di persone che volevano presentare petizioni.

“Democrazia” è un’altra parola super-citata nel suo discorso: oltre 60 volte. Hu ha promesso di sviluppare la “democrazia del popolo” rafforzando “la democrazia all’interno del Partito” . Rendendo molte cariche elettive all’interno, si garantirà che “il popolo è il padrone” del Paese.

Hu ha pure promesso una decisa guerra contro la corruzione, ricordando che nel 2006 oltre 90 mila membri sono stati richiamati alla disciplina. Egli ha anche esortato tutto il Pcc a “ubbidire alla costituzione e alle leggi”, per non deludere “le aspettative della gente”.

Riferendosi a un altro dei suoi slogan, quello della “società armoniosa”, egli ne ha mostrato le radici nell’antica filosofia cinese e ha detto che la Cina può dare un contributo a costruire l’intero mondo in modo “armonioso”. In questo senso – egli ha precisato – la Cina “rigetta ogni forma di egemonia” e la modernizzazione dell’esercito ha carattere “di difesa nazionale”.

Hu ha usato toni nuovi e morbidi nel parlare di Taiwan. Egli ha condannato i tentativi di “indipendenza” dell’isola, ma ha spinto all’apertura di un dialogo: “Vogliamo fare un appello solenne: sulla base del principio di una-sola-Cina, cerchiamo di discutere e porre fine allo stato di ostilità fra i due lati [dello stretto] e giungere a un accordo di pace”.

Quasi a smorzare le voci di un conflitto fra la “cricca di Shanghai” e il gruppo dei fedeli a Hu, il Congresso ha votato Zeng Qinghong come segretario dei lavori. Zeng è un grande amico di Jiang Zemin, considerato un oppositore di Hu e il punto di riferimento della “cricca di Shanghai”. In uno sfoggio di apparente unità, nella Grande sala del popolo sono presenti le varie “anime” del Partito: Li Peng, il “macellaio di Tiananmen”, l’ex premier Zhu Rongji, l’ex presidente Jiang Zemin e perfino Qiao Shi, ex presidente dell’Assemblea nazionale del popolo, emarginato nel ’98 da Jiang e ridotto da tempo al silenzio. A dare un’immagine nuova del Partito vi sono anche rappresentanti dello sport e dell’imprenditoria, questi ultimi fra le persone più ricche del mondo.

Per la sicurezza del Congresso sono impiegati circa 800 mila persone. Per dare un’immagine di “apertura” alla comunità internazionale, il dipartimento della comunicazione permetterà agli oltre 1000 giornalisti stranieri di partecipare a riunioni e discussioni di 34 delle 38 delegazioni. Intanto però, ai giornali cinesi è proibito diffondere notizie “disarmoniche” su scandali, rivolte, disastri, questioni religiose, petizioni.

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