27/09/2007, 00.00
IRAN
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Le sanzioni Onu mettono in crisi gli iraniani, ma il governo andrà avanti

Le vita economica incontra gravi difficoltà, soprattutto per l’impossibilità di fare operazioni con le banche occidentali ed i grandi ritardi negli interscambi i merci. Ma l’amministrazione dice che l’economia cresce, sebbene inflazione e disoccupazione siano a doppia cifra.
 Teheran (AsiaNews/Agenzie) – A rendere difficile la vita per le imprese iraniane è soprattutto l’impossibilità di fare operazioni con le banche americane ed europee, ma crea problemi anche la grande difficoltà di far arrivare dall’estero prodotti “classificati” e di mandare fuori le proprie merci: nella migliore delle ipotesi il tutto si traduce in imprevedibili e dannosi ritardi. Sono gli effetti più macroscopici delle sanzioni che le Nazioni Unite hanno applicato contro Teheran, a causa del suo programma nucleare. “Andare in giro vicino al confine con l’Afghanistan con 50mila dollari in contanti è il rischio più grande che si possa correre, sia per chi li porta che per la sua società”. Lo sfogo della responsabile di una ditta di spedizioni con la Reuters sintetizza uno degli aspetti maggiori del problema.
 
E’ che in un anno, il costo delle lettere di credito, strumento essenziale dei commerci internazionali, è enormemente salito. Ferme o quasi le banche occidentali, comprese le svizzere, ci si rivolge a quelle di “altri Paesi” che sono disposti a tenere aperti i canali con il quarto produttore mondiale di petrolio.
 
Un altro imprenditore racconta di materiale per l’università, definito “di laboratorio” - serviva per una facoltà artistica e non per una scientifica - che ha avuto bisogno di 10 settimane, invece delle due usuali, per avere il permesso di esportazione.
 
Qualcuno ha deciso di aprire una società a Dubai, negli Emirati, - che sta divenendo un centro finanziario sempre più importante - ed in tal modo tenta di aggirare i divieti. Ma le banche americane ed inglesi hanno scoperto il trucco e anche lì stanno bloccando le attività creditizie verso le imprese iraniane.
 
A guadagnarci sono spesso i pakistani, che riescono ad accaparrarsi contratti ed affari, specialmente quando a pagare sono società statunitensi.
 
E mentre gli Stati Uniti e la Francia si preparano a proporre ulteriori sanzioni, c’è chi ricorda che quello strumento fu già usato in Iraq: a soffrire era la popolazione, non il governo. Inutile, perciò, aspettarsi, per questa via, un cambiamento della linea politica. Non per caso, Ahmadinejad ha detto che la questione del nucleare “è chiusa”.
 
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